Titolo: Fetching – Wyatt (versione italiana)
Autore: Kylie Gilmore
Editore: Extra Fancy Books
Data uscita: 24 febbraio 2022
Genere: Contemporary Romance
ISBN: 9781646580873
Lui è il suo cavaliere
dalla scintillante armatura. Il problema è che lei non è una damigella in pericolo.
Wyatt
Sono un miliardario
che si è fatto da sé, con un debole per le damigelle in pericolo, quindi,
quando mi trasferisco nell’eccentrica comunità di Summerdale, mi fiondo
immediatamente sulla donna che voglio... Ehm, salvare. Ma quella donna cocciuta
si rifiuta di collaborare.
Sydney
Quando Satana, alias
Wyatt Winters, si trasferisce in città, faccio del mio meglio per dargli il
benvenuto. Dopotutto, sono la proprietaria del bar/ristorante storico in cui si
fa continuamente vivo, nonostante critichi praticamente tutto. Respiro
profondo. Potrei aver perso la calma e avergli rivolto un gesto volgare. E
avergli detto di andarsene. Come facevo a sapere che stava prendendo in
considerazione di investire nella mia proprietà?
Vi avevo detto che
sono indebitata fino al collo e che tutte le banche mi hanno rifiutato un
prestito?
Comunque nevicherà
all’inferno prima che accetti di lavorare con lui. O che ammetta che mi fa
ribollire il sangue... In tutti i sensi.
E poi una tempesta di
neve ci intrappola e...
Mi sto sciogliendo.
Commedia romantica
standalone con un lieto fine da svenire. Nessun cliffhanger.
Storie scatenate
Fetching - Wyatt
(Libro No. 1)
Dashing - Adam (Libro
No. 2)
Sporting - Eli (Libro
No. 3)
Toying - Caleb (Libro
No. 4)
Blazing - Max (Libro No. 5)
L’AUTRICE
Kylie
Gilmore è l’autrice Bestseller di USA Today delle serie: I Rourke; The
happy endings Book Club; The Clover Park e The Clover Park
STUDS. Scrive
romanzi rosa umoristici che vi faranno ridere, piangere e allungare le mani per
prendere un bel bicchiere d'acqua.
Kylie vive a New York con la sua famiglia,
due gatti e un cane picchiatello. Quando non sta scrivendo, tenendo a bada i
figli o prendendo debitamente appunti alle conferenze per gli scrittori, potete
trovarla a flettere i muscoli per arrivare fino all’armadietto in alto, dove c’è
la sua scorta segreta di cioccolato.
Disponibile sui maggiori store
ESTRATTO
Sydney
Satana
entra nel mio bar e mi fa segno di avvicinarmi piegando un dito.
Fingo di non vederlo. Wyatt
Winters può far segno a qualcun altro perché lo serva. A me non interessa se
questa è la serata decisiva per il mio ristorante e bar storico e se la
raccolta fondi della vigilia di Capodanno è la mia ultima speranza. Non ho
intenzione di scendere a patti con il diavolo.
È attraente, certo, con i
folti capelli castano scuro ondulati, labbra sensuali, barba curata e un corpo
che fa pensare che passi troppo tempo in palestra. Ma è tutto annullato dal suo
atteggiamento presuntuoso. Wyatt si è trasferito nella nostra cittadina un mese
fa, ha comprato la casa abbandonata in cima alla collina, con un faro in una
zona senza sbocchi sul mare. Originariamente era appartenuta a un eccentrico
eremita, morto prima che nascessi io. La gente dice che è infestata dai
fantasmi. Io spero che lo tengano sveglio di notte.
Seriamente, perché continua a
farsi vivo nel mio locale, l’Horseman Inn? Nell’ultimo mese ha ordinato ogni
birra alla spina che abbiamo, criticandone a lungo la qualità mentre si
lamentava del freddo nel locale e (ed è il colmo) del nome di questo posto. È
storico! La locanda risale al 1788, quando era usata come stazione di posta per
la diligenza.
Vado dietro al bancone e
preparo i drink per un tavolo di donne di mezz’età che aspettano ansiosamente
l’arrivo della nostra ospite d’onore, la mia famosa amica attrice, Harper
Ellis. È l’unico motivo per cui stasera c’è il pienone. Mio fratello Eli
fornisce il sottofondo musicale con la sua chitarra acustica. Il bar è
imballato, la stanza sul retro è piena per metà e la gente si serve degli
stuzzichini nella sala da pranzo sul davanti, facendo offerte per l’asta
silenziosa. È ancora presto, quindi sono contenta della folla. Grazie,
Harper.
Harper e io siamo cresciute
insieme qui a Summerdale, New York, una comunità in riva a un piccolo lago a
circa un’ora e mezza da New York City. È un posto unico, originariamente
fondato da hippy come una specie di utopia. Il tasso di criminalità è basso e
la qualità della vita è alta. È il nostro motto ufficioso, quello reale è: pace
per tutti coloro che si riparano qui. Comunque, è una comunità meravigliosa per
quelli che non stanno facendo bancarotta. Harper si è offerta di aiutarmi
finanziariamente, ma non ho intenzione di accettare per diversi motivi, il più
importante dei quali è che non voglio che il denaro si metta tra noi.
Spero che arrivi presto. Controllo in fretta la stanza sul retro e colgo lo
sguardo dell’uomo che mi mette a disagio come nessun altro. Niente birra per
te. Porto il vassoio con i bicchieri di vino e due Dirty Martini alle donne
sedute a un lungo tavolo rettangolare davanti all’uomo che fingo di non vedere.
Servo i drink alle donne, rivolgendo la schiena a Satana.
«Quando arriva Harper?» mi
chiede una bruna sui cinquant’anni.
Le sue quattro amiche mi
guardano impazienti.
«Sono sicura che arriverà da
un momento all’altro, probabilmente è stata bloccata dal traffico in città.»
«Finora sono la miglior
offerente per un pranzo con lei» dice Tammy. «Dita incrociate!»
Sorrido. È stato veramente
carino da parte di Harper aggiungere quel pranzo con lei, sapendo che è una
persona così discreta e timida nella vita reale.
Le amiche di Tammy cominciano
a parlare della loro speranza di vincere una fotografia autografata o qualcuno
dei cimeli dei suoi vecchi show in televisione che ha donato. È stata molto
generosa con il suo contributo, ma ho bisogno che arrivi di persona.
«Vi farò sapere appena
arriva» dico loro.
Saluto con la mano le mie due
amiche, Jenna e Audrey, che gironzolano nella sala anteriore. Dal punto di
vista fisico sono l’una l’opposto dell’altra: Jenna è alta e snella con capelli
biondi che arrivano a malapena alle spalle; Audrey è piccola e formosa con
lunghi capelli neri. Noi quattro, Harper, Jenna, Audrey e io, passavamo tutto
il tempo insieme da bambine. Poi Harper era partita per andare a Hollywood e la
vita ci aveva separate. Jenna e io siamo tornate di recente a Summerdale.
Audrey non se n’è mai andata.
Do loro un’occhiata
interrogativa. Stanno aspettando Harper.
Jenna scuote la testa.
Reprimo un sospiro e mi volto per tornare al bar.
«Cindy, qui, per favore» dice
una profonda voce baritonale.
Mi blocco e mi volto
lentamente verso Wyatt. «Mi chiamo Sydney» dico a denti stretti.
Lui mette una mano a coppa
intorno all’orecchio. «Cosa?»
Espiro bruscamente e vado al
suo tavolo d’angolo in fondo. Ha più o meno la mia età (ho ventotto anni),
indossa una camicia a quadri bianchi e neri, una giacca sportiva beige e jeans.
Le lunghe gambe sono stese sotto il tavolo, incrociate alle caviglie. Scarpe di
pelle marrone scuro anziché le sneakers. Mi viene da pensare che si sia vestito
elegantemente per la festa, solo per restare seduto da solo la vigilia di
Capodanno. Raccolgo tutta la mia pazienza e la buona volontà. È nuovo in città
e dovrei cercare di farlo sentire benvenuto.
«Salve, Wyatt» gli rivolgo un
breve sorriso. «Mi chiamo Sydney, non Cindy.» Come ti ho già detto molte altre volte. «Sei nuovo in città. Potrei presentarti ai miei fratelli. Alla
chitarra c’è Eli. È un poliziotto.» Lo indico ed Eli lo saluta con un cenno della
testa. «Al bar, il tizio con la t-shirt bianca e l’aspetto incavolato è il
maggiore dei miei fratelli, Drew. Ci sono anche Adam e Caleb, ma non sono
ancora arrivati.»
Wyatt
mi guarda piegando la testa di lato. «Niente sorelle?»
«No,
perché?»
«L’unica
ragazza, eh. Interessante.»
Sento un velato insulto nel
suo tono. «Perché è interessante?» Non sono un tipo sdolcinato, ma questo non
significa che non sia femminile. Ho il rossetto e stasera ho perfino messo una
gonna. È di pelle nera, intonata ai miei stivali al ginocchio di pelle nera. La
t-shirt nera con la scritta The Horseman Inn è l’uniforme del nostro personale.
«Solo interessante» dice con
indifferenza. «Ho conosciuto Adam. Farà dei lavori a casa mia.»
«Oh.» Adam è un mastro
falegname. Non sapevo che avesse accettato un lavoro da Satana.
Lui picchietta sul tavolo di
legno scuro. «Quello che voglio veramente sapere è che cosa deve fare un uomo
per avere una birra decente da queste parti.»
Pazienza. Buona volontà. In questo lavoro non si
possono alienare i clienti. Mi
appiccico un sorriso sul volto ed elenco tutte le birre che abbiamo, sia alla
spina sia in bottiglia.
Lui si strofina la barba
scura. «Non ne hai una che non sembri annacquata per nascondere il fatto che è
andata a male?»
«Ti assicuro che tutte le
nostre birre sono fresche. Ora, che cosa posso portarti?» Sono Miss Ospitalità.
Lui si china in avanti,
appoggiando il mento sulla mano e fa un sorriso rapace. Il mio polso accelera.
«Sorprendimi.»
Birra light scadente con uno sputo in arrivo! Oh, sono così tentata. No. Posso essere
professionale. Perché il mio cuore sta
ancora battendo forte? «Certo. La nostra migliore IPA in arrivo.» Mi volto
per andarmene.
«Ho già assaggiato la vostra
migliore IPA. Forse una birra chiara sarebbe meglio.»
Mi
volto. «Non c’è problema.»
«Inoltre
il mio tavolo dondola.» Gli dà un colpetto.
Lascio
andare lentamente il fiato. «Allora non scuoterlo.»
Lui
sbircia sotto il tavolo. «In effetti non so se è il tavolo o il pavimento che
c’è sotto.»
«Fa
parte del nostro fascino, pavimentazione originale del diciottesimo secolo.»
Lui
inarca un sopracciglio.
«Una
birra chiara in arrivo.» Mi dirigo in fretta verso il bar, sto esaurendo la
pazienza. Nessuno può continuare per molto tempo una conversazione piacevole
con un uomo come quello. Cerca continuamente difetti. Questo posto ha tutto il
fascino delle cose antiche con tutti i mal
di testa moderni: pavimenti deformati,
soffitti bassi, correnti d’aria. Sono fiera di dire che abbiamo ancora i
soffitti con le travi e i pali originali e un grande camino di pietra nella
sala da pranzo che c’è sul davanti. Se non gli piace, può andare da un’altra
parte. Anche se questo è l’unico bar per chilometri e chilometri. Dovrebbe
attraversare la linea di confine per andare a Clover Park, nel Connecticut, a
circa mezz’ora di auto da qui, per trovarne un altro. Magari posso
suggerirglielo. No, non posso farlo. È un nuovo arrivato. Devo essere ospitale.
Mio
fratello Drew mi afferra il braccio mentre passo accanto a lui al bar e mi
ferma. «Quel tizio ti sta dando fastidio?» chiede a bassa voce, fissando Wyatt.
Drew ha cinque anni più di me ed è un duro: ex ranger dell’esercito, cintura
nera. Gestisce una palestra di arti marziali in città. Lo prenderebbe a calci
in culo per me, ma non sono una damigella indifesa. Inoltre sono cresciuta con
quattro fratelli, due più grandi e due più piccoli di me, e so come trattare
gli uomini.
«È
solo irritante» dico. «Nessun problema.»
Lui
mi lascia andare il braccio. «Di’ solo una parola.»
Gli
do un bacio esageratamente sonoro sulla guancia, cosa che lo infastidisce
sempre.
Si
strofina la guancia. «Syd! Dai! Ho il rossetto sulla guancia?»
Vado
dietro il bancone. «Tanto rossetto rosa» dico mentendo. «Sarà meglio che tu
vada in bagno per tornare a essere il solito macho.» In effetti il rossetto è
color corallo, una tonalità di rosa più scuro per intonarsi ai miei capelli
color Tiziano, ma è impossibile cercare di spiegare la tonalità di un rossetto
a un uomo alfa scontroso.
Si
controlla usando la macchina fotografica del telefono e sbuffa, rimettendosi in
tasca il telefono. «Furbacchiona.»
Verso
la birra chiara per Wyatt e poi mi occupo di qualche cliente al bar, preparando
anche i loro drink. Più che altro sto prendendo tempo, per non dover trattare
con Wyatt, lo squalo di città. Ho sentito
che si è trasferito qua da Manhattan. Perché? Non poteva restarsene in città?
Segnalo
a una delle cameriere di avvicinarsi e le passo la birra per Wyatt. È questione
di auto-conservazione. Meno interagisco con lui, migliori sono le probabilità
che non gli versi la birra in testa. Non sarebbe un gesto molto ospitale da
parte mia.
Dopo
aver controllato in cucina i preparativi per la cena a buffet che ci sarà più
tardi, faccio un altro giro nel ristorante, per assicurarmi che tutti abbiano
da bere e qualche stuzzichino e per ricordare loro la magnifica asta
silenziosa. Cerco di apparire entusiasta dell’asta anziché disperata. Mio padre
aveva lasciato questo posto talmente indebitato, prima di morire, che nessuna
banca è disposta a farmi un prestito. Brutta sorpresa, quel debito. Aveva
nascosto i problemi finanziari sia a me sia ai miei fratelli, nell’errata
convinzione di proteggerci. Era un grande papà, che si era preso cura di noi
dopo la morte di mia madre quando avevo dodici anni.
Wyatt
intercetta il mio sguardo. «Gli stuzzichini sono buoni.»
Lieta
che abbia finalmente trovato qualcosa di positivo da dire sul posto, mi avvicino,
fermandomi al suo tavolo. «Mi fa piacere che ti piacciano.»
Lui
si appoggia allo schienale della sedia. «Hai mai pensato di aggiornare il menu
per la cena?»
Mi
arrabbio immediatamente ma riesco a mantenere un tono educato. «No, alla gente
del posto piace così.»
«Non
dico che sia male, solo non è molto originale. Cioè, tutto è accompagnato da
patate fritte o al forno. Un nuovo chef potrebbe dare un po’ di vita a questo
posto. Non è a quello che punta la raccolta fondi di stasera? Tenere aperto
questo posto?» Dà un colpetto al tavolo. «Con la giusta gestione e uno chef
migliore, questo posto ha del potenziale.»
Gestisco
io questo posto e lo chef è
un amico di famiglia. Scopro i denti. «Sembra che tu sappia tutto sul business
della ristorazione.»
«Per
niente. Solo, apprezzo i buoni ristoranti.»
Mi
piazzo le mani sui fianchi e lo fisso esasperata. Ovviamente pensa che noi siamo un
pessimo ristorante. Sono così furiosa che non riesco nemmeno a parlare.
Lui
piega la testa. «Cindy, sei arrabbiata con me?»
«Chi
diavolo credi di essere?» sbotto. «Vieni qua e insulti il mio locale da ogni
angolazione! Se non ti piace, non tornare.»
Lui
inarca un sopracciglio. «Dato che questo posto è tuo, magari potremmo parlare
di miglioramenti seri. Non lo saprai finché non ne parliamo, giusto?»
Mi
si rizzano i peli. «Questo locale era del mio bisnonno, tramandato da generazioni
e adesso è mio.» Tralascio di dire che è Drew quello che l’aveva
originariamente ereditato, dichiarandolo poi una causa persa per via dei debiti
che lo trascinavano a fondo. L’ho rilevato io pur di non farglielo vendere. «È
un’istituzione in questa città e ce la caviamo benissimo senza i tuoi commenti
sarcastici da cittadino. Come osi entrare qui e sputare giudizi su tutti noi!?»
Lui
sogghigna. «Non ricordo di avere sputato.»
Sento
il cuore che mi batte nelle orecchie, la rabbia che annebbia la ragione. Sento
la voglia disperata di togliergli quel sogghigno dalla faccia.
Lui
indica la sua birra chiara. Vorrei gettargliela in faccia e guardare la sua
espressione scioccata mentre gocciola sulla sua barba, l’elegante giacca
sportiva e la camicia.
Lui
ridacchia. «C’è un’espressione maligna nel tuo sguardo, Cindy. Stai pensando di
versarmi la birra in testa, vero?»
Come faceva a saperlo? «Assolutamente no» dico,
mentendo spudoratamente.
Lui
si china verso di me, sempre con quel sorriso strafottente sul viso. «Ti sfido
a farlo.»
Oh no... Mi sta deliberatamente stuzzicando. Mi sforzo di
parlare in tono pacato. «È un peccato che non ti piaccia la tua birra chiara
perché è l’ultimo drink che otterrai qui.»
«Solo
perché ho detto che con uno chef migliore questo posto avrebbe del potenziale?»
Quello
e un mucchio di altri insulti. Ne ho le tasche piene di questo tizio. Non
m’interessa se è un nuovo arrivato ed è da solo la vigilia di Capodanno. Giro
sui tacchi e quasi mi scontro con Harper e il suo fidanzato, Garrett, che
probabilmente hanno sentito tutto.
«Syd,
stai bene?» mi chiede Harper, con le sopracciglia aggrottate sopra gli occhi
nocciola. Ha i capelli castano scuro sciolti sulle spalle e il suo volto è
luminoso.
L’abbraccio.
«Sono così felice di vederti!» Mi tiro indietro. «Anche te, Garrett. Ho un
tavolo riservato proprio per voi.» Indico loro di seguirmi, lieta di
allontanarmi da quell’uomo orribile, arrogante e critico. Per me sarà sempre il
Tafano. Satana è un nome troppo bello per lui.
Tolgo
il cartellino Riservato dal tavolo
e mi rendo conto che non mi hanno seguita. Sono seduti con Wyatt e parlano con
lui. Harper alza un dito, indicandomi di aspettare. Li conosce oppure li ha
solo invitati a sedersi con lui? Harper è un’attrice molto popolare. Tutti vogliono parlare
con lei.
Il
Tafano mi fa l’occhiolino, dicendo a voce alta: «Giusto, Sydney». Non riesco a sentire il
resto di quello che dice. Scommetto che Harper l’ha corretto quando mi ha
chiamato Cindy. Grr...
Mi
piego e mi do una pacca sul sedere rivolto verso di lui. Fottiti,
Pustola.
Harper
emette un gridolino e si affretta a venire da me. «Che cosa stai facendo? Non
sai chi è?»
«Sì,
Wyatt.» Lo stronzo strafottente che ha insultato l’eredità di mio padre.
Lei
si china verso di me e sussurra: «Non hai ricevuto la mia e-mail?».
La
guardo, confusa. Ci siamo scambiate parecchie e-mail riguardo la raccolta fondi
di questa sera. «Quale?»
Lei
mi mette una mano sul braccio e la voce assume un tono urgente che mi fa
rizzare i peli sulla nuca. «Quella nella quale ti dicevo chi è e che cosa può
fare per te.»
«No,
non ho ricevuto un’e-mail che lo riguardava.» La mia voce è appena un sussurro.
Mi schiarisco la voce. «Dev’essere finita nello spam o si è persa nel
ciberspazio. Chi è?»
«È
un miliardario in pensione con un’enorme esperienza nel rivitalizzare imprese
sull’orlo del fallimento. L’ho conosciuto a una raccolta fondi e gli ho parlato
di Summerdale. Cercava un posto dove mantenere un basso profilo e vivere
tranquillo. Comunque potrei avergli detto che l’Horsemann Inn ha bisogno di
aiuto.» Davanti al mio attonito silenzio, Harper continua in fretta: «Non
arrabbiarti, okay? Hai rifiutato di accettare un prestito da me e lo capisco
perché siamo amiche, ma non potevo restarmene con le mani in mano. Lui potrebbe
aiutarti». Scuote la testa. «Non riesco a credere che gli abbia suggerito di
baciarti il culo.»
La
fisso. «Ma è così giovane per essere un miliardario in pensione.»
«Lo
so. È uno di quei maghi della tecnologia. Ha fatto il suo primo milione a
diciannove anni. Adesso ha trent’anni.»
Mi
volto e vedo lo sguardo sornione e arrogante del miliardario in pensione Wyatt
“il Tafano” Winters. Lui sorride e mi saluta spavaldo con due dita,
probabilmente perché sa che Harper mi ha appena spiegato chi è. Il signor Pezzo
Grosso.
Lo guardo storto. Non lavorerò mai con lui. Non mi interessa quanti zero ci sono nel suo conto in banca o che sia un guru del mondo imprenditoriale. Vuole una fetta dell’Horsemann Inn? Diavolo no!
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