Ma ora che sono passati più di quarant’anni, e che mi restano solo questi ricordi, e le foto scattate da zio Guido in quei giorni in cui la morte non aveva ancora spezzato le vostre vite, ora mi dico che ho avuto una grande, grandissima fortuna: la fortuna di conoscerti così com’eri prima di quel 15 dicembre 1976. Tu Walter, e con te tua madre, per me la zia Ada, entrambi belli da impazzire coi vostri sorrisi, le vostre voci, i vostri occhi blu. Giuseppe Culicchia, "Il tempo di vivere con te" La storia italiana nella storia di una famiglia: Giuseppe Culicchia racconta il suo Walter Alasia Walter Alasia è uno dei nomi a cui si lega la colonna milanese delle Brigate Rosse. Ma dietro un nome e un cognome si cela sempre molto di più. C'è la storia, in primis, che in questo caso ha tutto il suo peso di complessità, dolore e lotta. E ci sono le storie delle famiglie, degli amori, delle amicizie con il loro inestricabile intreccio di significati.
Walter Alasia non era solo il brigatista colpito a morte nella sparatoria del 15 dicembre 1976, nel cuore di una notte come tante e nel cuore degli anni delle stragi e del terrorismo. Era un ragazzo pieno di sogni, dai grandi occhi blu che scrutavano il mondo; era il cugino dello scrittore Giuseppe Culicchia che lo amava e lo cercava sempre, con quei loro nove anni di differenza che facevano sì che Walter gli apparisse eroico, generoso, paziente. Un compagno di giochi e di avventure.
A lui, e ad altre persone importanti della sua vita, Culicchia dedica oggi quello che suona come il suo libro per antonomasia, quello che in qualche modo contiene in sé tutti i volumi precedenti e che esprime il senso stesso del suo essere scrittore: Il tempo di vivere con te.
L'eco delle celebri note di Lucio Battisti si avverte come una partitura di fondo in un testo che è pieno di echi emotivi: Giuseppe, il bambino di ieri, ricorda Walter e lo dipinge con gli occhi di allora - ingenui, amorevoli, attenti - mentre lo scrittore adulto riscrive la loro storia insieme, la vicenda di una famiglia travolta dai grandi eventi degli oscuri anni di piombo Un libro che era lì da sempre: Giuseppe Culicchia presenta ai lettori Il tempo di vivere con te Non so esattamente per quanti anni ho tenuto un file vuoto sulla scrivania del mio computer, intitolato semplicemente W.A. In realtà è stato lì da sempre.
Quelle due iniziali stavano per Walter Alasia. Quel Walter Alasia: mio cugino per parte di madre, che per me bambino non era solo il cugino preferito con cui trascorrevo le vacanze estive e le feste ma proprio un fratello maggiore.
Quando Walter morì, la mattina del 15 dicembre 1976, ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia in cui aveva sparato e ucciso per primo, aveva appena vent’anni. Io undici. E se un giorno ho cominciato a scrivere, l’ho fatto per riuscire prima o poi a scrivere questo libro, cosa a cui per oltre quarant’anni non ho smesso di pensare.
Quando infine ho trovato il coraggio di aprire quel file e di riempirlo con i miei ricordi di bambino, con i miei rimpianti e la mia nostalgia di adulto, ho mantenuto la promessa che avevo fatto a Walter e a me stesso il giorno dopo la sua morte. Tutti i libri che ho scritto in precedenza – dal primo, "Tutti giù per terra", in cui il protagonista aveva il suo nome senza essere lui – a "Il paese delle meraviglie" – in cui compariva trasfigurato come Alice, la sorella del narratore – sono stati in fondo il mio modo per avvicinarmi al momento in cui avrei scritto le prime parole di "Il tempo di vivere con te", “Che anno è, che giorno è” e le successive.
Avevo bisogno di trovare la distanza giusta, e un equilibrio tra i sentimenti del bambino che ero e le riflessioni dell’uomo che sono. Scrivere questo memoir è stato per me l’unico modo che avevo per stare ancora un po’ con Walter, che da quanto ho avuto modo di ricostruire quella mattina venne ammazzato a sangue freddo quando ormai era inerme, ferito alle gambe.
Ma non solo. Perché sentivo il bisogno di raccontare attraverso la sua storia anche quella di tanti altri che – da una parte come dall’altra – si trovarono ad avere vent’anni negli anni cosiddetti di piombo, e a vivere la loro adolescenza e giovinezza al tempo della strage di Piazza Fontana, della morte di Giuseppe Pinelli e di tutti i lutti che ne seguirono.
Parlare di queste cose in Italia, il Paese delle stragi di Stato, non è mai stato facile. È come se tante vite fossero state inghiottite non solo dalla morte violenta ma da un vero e proprio buco nero. Tempo fa, in un liceo fiorentino, sentii dire da uno studente che la bomba nella stazione di Bologna l’avevano messa le Brigate Rosse. Quella confusione non era colpa sua: era figlia di un enorme non detto, e di tanti omissis, e a ben vedere anche di un tabù.
Riandare oggi con la memoria a Walter, che ho avuto la fortuna di conoscere come un ragazzo affettuoso, paziente, gentile, è stato per me allo stesso tempo molto dolce e molto doloroso. Oggi che sono un adulto, lui potrebbe essere mio figlio, mentre allora per me il grande era lui. Non è vero che il tempo guarisce ogni cosa.
Certe ferite non si rimarginano mai. Credo tuttavia che sia importante non dimenticare, e comprendere. Il che non vuol dire giustificare: ma se non riusciamo a capire il nostro passato, non possiamo decifrare il nostro presente, e neppure guardare con cognizione di causa al nostro futuro. Il tempo di vivere con te non è la biografia di Alasia e non è il tentativo di scrivere una storia ufficiale. È un memoir che racconta ferite personali e collettive che emergono dalle lettere, dalle foto, dagli articoli di giornale. Gli anni di piombo sanguinano ancora, ci chiedono di metterci in ascolto, condividere e capire; questo libro permette tutto questo.
Senza vittimismo né retorica, Giuseppe Culicchia scava nei ricordi e ritrova le immagini più dolci (i giochi, i libri letti insieme, Walter che disegna come fosse un "juke-box dei fumetti", i giri in bicicletta, le partite a dama...) e gli attimi più dolorosi (la notizia della sparatoria, la famiglia bloccata in un dolore incomprensibile, l'adolescenza che finisce all'improvviso, le stragi, i cortei, il perenne stato di lutto). "Perdonami, Walter, se ci ho messo così tanto. Trenta libri, e più di quarant'anni": Il tempo di vivere con te adesso è arrivato e con lui un'altra occasione per ricordare di essersi conosciuti e di essere stati felici prima di quel 15 dicembre 1976. Di avere vissuto un momento irripetibile. |
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