Titolo: Delirio – Brividi al nero di Luna
Autore: Silvia Alonso
Editore: Brè Edizioni
Pagine: 138
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fisiche
Genere: racconti horror-thriller-esoterismo
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In vendita dal 16 ottobre 2021
SINOSSI
Dietro alle lusinghe di un fotografo dal
taglio rarefatto e mistico si nasconde un serial killer che rinviene
nell’Undicesima Musa, la Moda, la profanazione religiosa della nova era. Nei
giochi del Casinò si rinviene una misteriosa applicazione delle antiche teorie
pitagoriche e cabalistiche, utilizzate allo scopo di delinquere. La medianità e
la telepatia, le nuove tecniche per parassitare i sogni, ma il sangue scorrerà
a lavare le colpe.
Un maniaco misogino trasforma la propria
automobile in alcova del piacere, tra sesso, adrenalina, alchimia e
allucinazione. Ma l’ultima corsa si trasformerà in vendetta.
Una zingara di strada legge nei fondi del
caffè la propria condanna: sarà proprio il grande amore a toglierle il soffio
vitale.
La leggenda delle streghe nere di Triora si
mischia a quella delle dirimpettaie streghe bianche del borgo di Ellera, tra
tradizione celtica e magia orientale che si fondono in terra ligure, amori,
tradimenti e una strana maledizione.
La storica leggenda di Vlad il vampiro
viene rivisitata alla luce delle conoscenze di filosofia orientale, dove il
simbolo del Gral, unitamente a quello del drago, rimandano ai codici segreti di
un sapere alchemico ed esoterico.
Nella Cattedrale gotica di Saint Daniel,
alla vigilia del Natale, i misteriosi gargoyle, creati per esorcizzare i
demoni, divengono protagonisti di un incubo a occhi aperti.
Un’anziana donna ricorda i propri incubi
legati alle atrocità di Auschwitz, che riaffiorano alla memoria come zombie
della psiche soggettiva e collettiva. La vendetta contro i suoi carnefici si
farà strada con uguale prepotenza, rendendola protagonista di una rivincita
alla Tarantino.
I misteri esoterici racchiusi nel
capolavoro della Gioconda, e un inconfessabile amore segreto che viaggia nel
tempo, sono il movente del famoso furto al museo del Louvre.
Nella poesia di Baudelaire Le dormienti, messa all’indice e
stornata da I Fiori del Male per il
contenuto osceno ed esplicitamente omosessuale, si nasconde la radice di una
strana dannazione che passerà in un misterioso quadro.
La leggenda del Golem di Praga riaffiora
con prepotenza negli anni in cui il capolavoro di Mary Shelley, Frankenstein,
spopola nella letteratura gotica assieme al nuovo mito degli zombie. Qualcuno
ne svelerà l’arcano evidenziando la differenza tra scienza e fede.
Pseudonimo di Silvia Aonzo, avvocato civilista milanese.
Esordisce già molto giovane con le poesie, una delle quali, “Inverno africano”
viene premiata da Alda Merini al Castello di Belgioioso (PV) per il concorso “Poesia
dorsale”. Nel 2006 pubblica con Altrimedia Editore la favola poetica “Il morso
del serpente”, dalla quale trae la sceneggiatura per l’omonimo spettacolo
danzato.
A dicembre 2019 esce per i tipi di Genesis Publishing il suo
primo vero romanzo (un chicklit) “I
love Mammy in Monte-Carlo – come sopravvivere a una vita glitter”. Con “L’angelo
veste Sado” (Brè Edizioni, luglio 2021) si aggiudica la finale del Premio
Nabokov 2020. A luglio 2021 il romanzo inedito “L’avvocato in gûepiere” si
classifica al secondo posto al FRI-Festival del romance italiano, con Dri
Editore. Sta attualmente lavorando ad altri romanzi, racconti noir-thriller,
nonché a raccolte di favole (la raccolta “Lo zoo arcobaleno” si è aggiudicata
la finale per la narrativa al premio Città di Castello).
Tra
il 2020 e il 2021 i suoi racconti sono stati premiati a numerosi concorsi di
narrativa, tra cui (i più importanti): Premio di poesia e narrativa Giovanni
Bertacchi (finalista col racconto «Solange», novembre 2020); Premio di
letteratura al femminile Laurizia (3° posto con il racconto «Cieli immensi»,
novembre 2020); Premio Jean De La Fontaine (menzione speciale per la favola «La
principessa serpente», aprile 2021); Premio Città di Grottammare (menzione
d’onore per il racconto «Le sabbie mobili», maggio 2021); Premio Storie di
donne Comune di Arco (2° posto per « Street Bob striptease », giugno
2021); Premio Internazionale Creati-Vita Inferno Dantesco (2° posto per il
racconto «Ready Infernum Player», settembre 2021); Premio Bukowski (finalista
con al poesia “Quello che le suore non dicono”, giugno 2021); Premio Un Roero
da Favola (finalista con la favola «L’orchidea e la primula», settembre 2021); Premio
Giovane Holden (finalista col racconto “Il ladro di sogni”, settembre 2021);
Premio Nazionale di Arti Letterarie Metropoli di Torino (racconto finalista “Il
ladro di sogni”, ottobre 2021); Premio Città di Castello (finalista con la
raccolta di favole «Lo zoo arcobaleno» , settembre 2021); Premio Terni-Narni
Horror Festival con la giuria di Cristiana Astori (finalista col racconto «La
trappola della perla nera»).
Con il proprio blog www.silviaalonsowriter.com
si occupa anche di
recensioni di romanzi e film.
Estratto
«Un cammello, color arancione.
Che porta sulla gobba un talismano... a forma di scorpione.»
«Eccellente. E ora
vediamo se riesci a decifrare quest’altra immagine.»
Corrugò la fronte per
entrare nella concentrazione più profonda. Poi, come se fosse finalmente
riuscito a trovare un angolo remoto dentro di sé, un placido sorriso gli
rasserenò il volto.
Qualche istante.
Cinguettio di pettirossi. Inspirazioni calme e costanti, nelle narici solo il
profumo intenso del muschio. Un leggero brivido sulla pelle. Per non parlare
del formicolio nelle ossa che ormai cigolano, ma il pensiero è diretto altrove,
concentrato a cogliere il battito più lieve del suo stesso cuore, che si
rinnova a ogni pulsazione.
Senza scomporsi dalla sua
posizione, aprì di colpo gli occhi.
«Un cobra dalla coda
ritorta. Nove volte, su se stessa.»
«Prodigioso. Lo avevo
lasciato andare via, consegnandolo alle nuvole. Ma sei riuscito ad afferrare
anche quell’immagine. Il tuo percorso è terminato. Non ho più nulla da
insegnarti.»
Lo guardò indugiando per
un attimo. Un secondo sorriso gli illuminò il volto. Come un padre benevolo,
soddisfatto dell’esito più brillante del suo lavoro.
Era sicuramente lui, il
più dotato tra i suoi alunni. Un discepolo riservato e schivo, tanto fulgido
nel talento quanto anonimo nell’aspetto fisico. Negli occhi, nemmeno la minima
ambizione. Solo il perseguimento di un puro ideale, il mero “dharma” orientale,
la missione della sua anima. Voleva inseguire il sapere, come fa la goccia che
confluisce nel grande mare della consapevolezza, per raggiungere la simbiosi
con la coscienza superiore che permea il tutto. O almeno, così lasciar credere.
Non che fosse ipocrita.
Ma dalla malinconia del suo sguardo trapelava qualcosa che gli aveva lasciato
il segno. Una vecchia cicatrice, l’eco di una ferita, qualcosa che lo aveva
spinto ad andare oltre la morsa del dolore, rifugiandosi nella stasi ovattata
della meditazione.
La realtà era che non
sembrava avere una precisa missione, qualcosa che desse un senso reale a quella
ricerca assoluta che tanto assomigliava alla sete astratta di perfezione. La
mentalica sembrava essere la sua unica passione assieme alle altre pratiche
medianiche, ma non era come per gli altri che, mossi dall’ambizione per
la fama, aspiravano a imparare sofisticati numeri da palcoscenico per gettare
fumo negli occhi a un pubblico schiavo della superstizione.
Forse era per questo che l’anonima
Musa, ispiratrice di maghi e sensitivi, nota solamente agli iniziati, gli
era sempre stata fedele, fissa al suo fianco come un angelo custode. Lo aiutava
con una dedizione assoluta nell’insediarsi nella mente cosmica riemergendone
con un’immagine nitida da cui poteva decriptare i messaggi che per gli altri
erano lasciati in codice.
Non come gli smarginati
tentativi del suo amico che lo seguiva come un’ombra, un parassita tanto
brillante nell’aspetto quanto torbido nelle intenzioni. I suoi, di esercizi,
sortivano sempre esiti incerti, come se una spessa coltre di polvere ne
appannasse l’aurea.
Si erano conosciuti a un
seminario di meditazione, e da quel giorno non si erano più lasciati. Forse la
reciproca solitudine aveva fatto da collante più dell’affinità elettiva, il
resto lo aveva fatto il sentirsi entrambi parte di qualcosa di più grande, ma
dai più rinnegato, e l’effetto di compensazione che provavano nello stare
insieme. Un equilibrio perfetto, una specie di endiadi indissolubile,
sembravano i cocci unici dello stesso vaso che per una serie inspiegabile di
cause si erano ritrovati a combaciare: luce e ombra, l’unione degli opposti,
come nel grande simbolo del Tao.
Egeo ed Ezio erano nati
lo stesso giorno dello stesso anno, ma ai due poli opposti del Paese, Torino e
Napoli.
A nessuno Egeo aveva mai
parlato del suo dolore per un amore impossibile, morto prima ancora di poter
nascere. Una malattia improvvisa se l’era portata via, nel cuore più fulgido
della giovinezza.
Berenice, sua cugina.
L’aveva stretta a lungo,
nella bara. Aveva vegliato accanto a lei tutta la notte, sfiorando il suo volto
che pareva baciato dai raggi argentei della luna.
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