RECENSIONE: (S)compost (Poesie scomposte) di Vincenzo Iennaco


 

Titolo: (S)compost (Poesie scomposte)  

Autrice: Vincenzo Iennaco

Editore: Place book

Genere: Poesie

Data di pubblicazione:  25 febbraio 2021

Romanzo: Autoconclusivo

Formato: e-book 4,90 euro

Cartaceo euro:  10,40

 

TRAMA:

Una raccolta di poesie eterogenee per stile e umori (e le mie contraddizioni), suddivisa in quattro sezioni: anima minima dove trovano spazio i brani più personali; (s)compost in prevalenza permeata da un umore cupo, a volte malinconico e altre a rasentare il nichilismo. Il titolo della sezione del resto gioca sul giro di parole tra il compost (a cui si riduce la vita) e la scomposizione dei brani dove il primo o l’ultimo verso è stato eluso e fa da intestazione al brano; intermezzo comprende i brani più leggeri e i puri divertissement, malgrado una certa vena caustica e provocatoria. È la sezione più varia anche a livello formale, si va dal rap al sonetto caudato, dal registro colloquiale a un manierismo volutamente ricercato (ora per provocazione ora per autoironia); frattaglie infine vede ricomparire gli umori cupi che, a quanto pare, hanno il sopravvento sul mio “poetare”.

 

RECENSIONE

La silloge è molto filosofica e istruttiva, a mio parere, e presenta infiniti macrocosmi, dentro altri microcosmi, come se stessimo assistendo a delle matrioske letterarie rifinite con una perfezione assoluta. Le poesie assomigliano a delicati, ma forti, disegni talvolta e la varietà delle figure retoriche quali la metafora, l’allitterazione, l’anafora, la similitudine etc, fanno sì che tutta l’opera sia deliziosamente profonda.

“Serraglio d’ebano e frustrazioni

Di cemento sui marciapiedi

Coni di luce su gambe villose

E orgasmi di conigli dietro le pubblicità.”

 

Vi sono amori, illusioni, speranze, l’anima minima, le frattaglie, l’ironia saccente, la cupezza, il dolore, il rovesciamento della medaglia quando si ride di gusto o si pensa a delle canzoni rap, e al contrario il quasi malumore, la consapevolezza dell’essere soli al mondo.

Penso che questa silloge non sia semplice, non stiamo parlando di una raccolta poetica per tutti, diciamolo subito. Credo che ci voglia davvero l’intento di voler scoprire cosa si nasconda dietro la parola ‘poesia’, del far poesia e del vivere di poesia amandola tanto, amandola come solo un vero poeta sa fare.

È affascinante il moto perpetuo e oscillante, come se leggendo queste poesie ci trovassimo su una barca, un gommone in mezzo al Mediterraneo, magari? Probabile… e capirete anche perché mi sto riferendo a questo se leggerete la silloge che vi consiglio calorosamente, anche perché dai versi si nota tutta la brama di vita del poeta: i dettagli delle sue giornate, ciò che fa al mattino mentre si rade, oppure mentre mangia i biscotti nel latte…

Poesie intime che vengono regalate, sono un vero e proprio dono letterario secondo me, un presente che dovremmo tenere ben custodito nella mente, nell’anima, nel cuore. Non capita tutti i giorni di imbattersi in una silloge così particolarmente calma, ma allo stesso tempo impetuosa, verace, quasi volesse mangiarsi il mondo intero.

Ci sono alcune poesie veramente brevi, soprattutto nell’ultima parte, mentre altre piuttosto lunghe, con dei significati molto importanti, e riescono tutte a far parlare di sé in un modo o nell’altro.

Ho notato che l’elemento che le accomuna, in un certo qual senso, il fil rouge diciamo, è l’acqua. Che sia di mare, che sia dolce, che sia piovana, ma c’è spessissimo. Mi piace molto questo elemento, anche perché rasserena, calma, è placido e gioioso, nonostante alcuni sprazzi di nostalgia.

“Seduto a una panchina nel parco

Si strugge il mio essere

Dell’aleatoria purezza

Di risa già in declino

Che l’oggi è già passato

E un altro ne passerà.”

Nonostante la presenza di alcuni versi goliardici volutamente scritti in maniera del tutto libera dalle convenzioni e in modo  quasi ‘simbolico’ a mio avviso, ho trovato molta profondità, molto pathos, un’anima davvero sopraffina che riesce in poco spazio (la silloge consta di 100 pagine solamente) a catturare ‘frame’ di vita modernissima, per poi unirli a ideali di vita altresì antichi, con richiami leopardiani, danteschi, ma in tutto questo ci ho visto anche del pittoresco, quasi ci fosse in queste poesie un quadro perfetto.

Un dipinto per ogni frattaglia ad esempio, come se da un cuore malato potesse fuoriuscire sangue che poi si riversa sul quadro, rendendolo macabramente perfetto. C’è secondo me anche un retrogusto morboso in queste poesie, un qualcosa di gotico, di horror, di splatter, ma non in senso letterale. Bisogna leggere tra le righe, e trovare la chiave per aprire i cassetti della mente del poeta, solo così si può ‘vedere’ attraverso il suo stesso sguardo, il suo occhio acuto d’aquila.

“Occhietti vacui mi fissano

Dalla cesta d’alici fresche pescate.”

Infine, a me sembra anche di aver scorto il famoso manifesto futuristico di Marinetti, che in letteratura è stato compreso da tanti ma non da tutti.

Ma in fondo, si sa, che i geni sono perennemente incompresi

VOTO IN COCCOLE:   5 

FIRMA DEL RECENSORE:  ROBERTA CANU

 

* Ringraziamo l’autore e la casa editrice per la copia digitale dell’opera *

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