RECENSIONE: Gli idoli sbagliati – Alberto Barina



Titolo: Gli idoli sbagliati

Autore: Alberto Barina

Editore: Place book publishing

Genere: Silloge poetica

Data di pubblicazione: 30 novembre 2020

Romanzo: Autoconclusivo

Formato: Ebook 4,90 euro

Cartaceo 10,40 euro

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TRAMA

Sapientemente introdotta dal giovane filosofo ed artista Mario Saccomanno, la silloge di poesie si articola in due sezioni. La prima presenta per lo più testi brevi, condensati, evocativi che si susseguono come piccoli quadri esposti in una galleria d’arte. Poesie che si sostanziano di immagini cariche di citazioni, figure retoriche, enigmatiche e talvolta surreali. I testi prendono spunto per lo più dalla visione “semplice” di luoghi, paesaggi, oggetti, fiori, trascolorare delle stagioni, tutti rielaborati attraverso un linguaggio raffinato, ricercato ed originale. Sono poesie scandite dal trascorrere del tempo e dal gusto della contemplazione, dell’osservazione, della solitudine.
La seconda sezione “Epitaffi”, in un potente ribaltamento del registro linguistico tendente alla poesia civile o di denuncia, dallo stile prettamente narrativo ed iper - contemporaneo, consta di quattro componimenti che da soli racchiudono, anzi scoperchiano, buona parte dei mali, dei dissidi di cui è carnefice e vittima l'uomo odierno: la totale assenza di cultura, la difficile accettazione dell'altro, il ritorno ad una certa barbarie fatta di atti di violenza gratuita e sopraffazione del più debole e non ultimo quello della condizione di essere viventi in “assenza di gravità", catapultati dentro una bolla digitale che ci prosciuga corpo ed anima.
Barina non ipotizza soluzioni, semmai certifica e documenta. “Epitaffio contemporaneo per esseri umani” è una autentica pagina di sociologia moderna. Con una verve smaccatamente ironica, da sempre riconducibile alla scrittura dell'autore, ci sbatte in faccia, anzi sul foglio, un lungo, dettagliato, minuzioso elenco “di semi” che generano questo "mal de vivre" contemporaneo, e che conducono poi al totale annientamento e all'indifferenza (male ben più grave) verso le cose, le persone e le nostre stesse emozioni che non siamo più in grado di riconoscere. Dunque, ecco la Monna Lisa che appare su un tablet, Beethoven ascoltato su Spotify, Gutembergh che tenta il suicidio dopo aver scoperto di essere stato sostituito dall'audiolibro, il tizio che insulta sui social preda del suo narcisismo, e così via.
Dunque, è possibile sicuramente certificare che l'uomo stesso credendosi, auto immolandosi, autocelebrandosi (ignorando cultura, poesia e bellezza), pensa di essere dalla parte del giusto, dalla parte della giusta visione e considerazione delle cose ma, sarà proprio lui invece ad apparire e ad essere il primo idolo sbagliato in assoluto, quello che si estinguerà, per dirlo con i versi di Barina, “in altre caverne”.

 

RECENSIONE

Sono rimasta piacevolmente stupita da questa silloge poetica, che trasforma la poesia in sapienza psicologica, filosofica intra - culturale moderna, ma al contempo riassume in versi abbastanza brevi, ma potentissimi, la brama di vivere, l’esistenza del passato. Ho vissuto, leggendo, e assorbendo nel cuore e nell’anima, le conoscenze e gli studi magistrali del liceo, rivivendo sulla pelle e sulle note delicate ma anche forti, pesanti, che scrutano nell’intimo del lettore, l’atavica sapienza degli antichi, il costruire con il fuoco tutto il necessario e il sovvertire per ossimoro morale quel Fahrenheit che invece i libri non li leggeva ma li metteva al rogo.

“Una lacrima che pizzica

Vibra come il fuoco in un inverno

Dentro una tazza di neve.

Una nota bussa, se ne sta sola,

girovaga bolla apparente nel vuoto,

ma cattura nel soffio

tutto il tempo

necessario alla musica, alle corde.”

Poesie cavernicole ma che si liberano dei pregiudizi, si liberano totalmente. Hanno lo spazio necessario per essere, per esistere, per innalzarsi a mo’ di braccio di donna, di donna che, rosa d’ottobre, chiede i suoi diritti di voto. Suffragetta addolorata ma che con le spine sa difendersi piuttosto bene.  Versi che con poche figure retoriche che balzano all’occhio, rivelano tutto l’entusiasmo e il classicismo del poeta, che maturando episodi di vita altrui e facendoli suoi, anche negli Epitaffi, non nasconde il vero intento della sua opera: tradurre messaggi, veicolarli. Essendo fautore di buone opere, egli è come un eroe, un angelo che sa benissimo cosa sia l’infinito in tutta la sua parte d’anima e anche corporale.

Paradiso, inferno, vita poetica e artistica. Idoli sbagliati che  si scontrano con altri idoli ingiusti, che su piattaforme come Spotify inneggiano alla bellezza che ormai sembra un’apparenza sottile, specialmente su Tik Tok, e l’autore sembra voler inaugurare un bando contro la superficialità, contro la sagra della miscredenza, la fiera della vanità e della banalità che così tanto sembra far gola molti, se non a quasi tutto il mondo.

In questo voler includere la modernità, spalmarla addosso alla cultura antica, all’uomo delle clave, delle caverne, il voler  ‘denunciare’ quelle false speranze e gli abomini che tutt’ora si propagano nell’arte moderna, che di arte ha ben poco, lo stile risulta talmente vero, talmente cocente e pungente, ma anche sofisticato seppur dolce e giusto, da assomigliare a mio avviso a un pamphlet per certi versi, quel manifesto francese, quell’opuscolo che criticava in maniera intelligente.

“Quando anche un ricordo richiede il codice pin dalle democrazie

Svendute in borsa dallo status symbol dell’insulto bulimico dagli smiles e dai pollici opinabili del consenso di un amico che blocchi e poi chatti dal senso di vuoto di selfie dei nostri stomaci da narcotrafficante meccanismo reality dall’archivio cimiteriale

Di foto fossilizzate sullo Smartphone.”

È difficile trovare le frasi  giuste per questa silloge, non è semplice da recensire a mio avviso perché la pluralità dei generi, delle azioni compiute all’interno della ‘parola’ che è ‘verbo’, che sembra più materia che carne in questo caso, più ingegneria e matematica che riflesso idealistico di un pensiero non fisso su qualcosa di coerente, rendono il complesso dell’opera appunto complesso e da un certo punto di vista anche tessuto come se al posto dell’autore e del poeta ci fosse un ragno bravissimo nel suo lavoro.

Quando mai si è visto qualcuno che possa interrompere il corso della natura o far meglio del ragno? Impossibile perciò arrivare con le mie parole allo stesso livello del poeta, che giustamente decanta con criterio e realismo, senza sentimentalismo smielato o dolcezze stravaganti e stupide, ma piuttosto guarda al presente con occhio di riguardo verso il futuro, parlando però di artisti ormai defunti.

È la poesia dentro la poetica, che cela, disinibita ma mai affranta e anzi con il capo ben teso verso l’alto, gli elementi raffinati della sua stessa raccolta, cogliendo il meglio e il peggio da ciò che la circonda.

“E mi vedo come parola

Appesa,eremita,

nella didascalia di un erbario

torre, imperatrice

nella chimica degli oggetti che

 chiedono infantili un’ombra.”

Da quel mondo spesso sadico che di poetico ha ben poco. 


VOTO IN COCCOLE: 5

ROBERTA CANU


 
* Ringraziamo l’autore e la casa editrice per la copia digitale dell’opera *

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