Allora, miei diletti Riccardo e Daisy hanno ancora molto da dirvi...
Capitolo 8
“Impossibile! Sappiamo entrambi che sei un cinico, narcisista, insensibile: perchè dovresti essere depresso?” -
“Il mio flirtometro è vuoto, ti sembra poco? Considerando poi, che quello di Kim è così pieno da non lasciare spazio ad uno spiffero…” - resta per qualche secondo fisso sulla nube di fumo che si espande intorno al suo corpo, poi risentito, mugugna “ Perchè fare il fotografo, se non mi notano tra la folla, me lo spieghi?”
“Un uomo si appassiona alla fotografia perchè ama le immagini, i colori, l’ambiente, le persone, i volti… Non per uno stupido barattolo da riempire!” - lo rimprovero, intenta a ripulire la stanza dalle sue briciole e dai miei ricordi.
“Cazzate, Daisy! Cazzate! Riesco nel mio lavoro, solo se so di piacere!” - commenta, rammaricato.
“Baster… arriva al punto! Vuoi che inserisca dei biglietti nel tuo flirtometro?” - sospiro impaziente.
“Non nel mio ma…in quello del Resort. Devo superare Kim e tu devi aiutarmi!” esordisce, riprendendosi immediatamente dalla depressione lampo.
“Baster, quanti biglietti hai già scritto, a tuo favore?” - domando, portando gli occhi al cielo, rassegnata.
“Dieci…forse venti, trenta. Chissà… Rita, quella stupida, mi ha sorpreso ad inserire un foglio nel flirtometro centrale: spettegolerà con tutte le cameriere. Perderò di credibilità! Sono spacciato!” - prende a boccheggiare.
“A parte che tu non hai credibilità… comunque parlerò con le cameriere nuove, di quanto tu sia bello ed irraggiungibile. Scatterà una sorta di competizione tra loro e solo per questo ti corteggeranno… non perchè siano attratte da un burbero, egocentrico ed immorale.” preciso.
“Kim me la pagherà!” - sostiene deciso.
“Baster…”- sospiro a mo’ di rimprovero “Quanti di quei biglietti erano contro Kim?”
“Ventotto, forse ventinove…” - spiega noncurante, attorcigliando i fili degli anfibi.
“Ed in quanti, ti sei finto una donna e ti sei lamentato del suo piccolo pene…’” -lo ammonisco con lo sguardo.
“Solo dieci… ho preferito concentrarmi sull’eiaculazione precoce.”
Tipico di Baster.
Dicembre 2015.
Riccardo era molto ammalato, al punto da doversi assentare dal lavoro. In tanti si candidarono per sostituirlo, tra i tanti , anche il vendicatore. Riccardo scelse Sergio. Baster , per ripicca, inserì un foglio nel calderone centrale, scordandosene completamente nei giorni successivi.
Alla festa di chiusura, Riccardo si ritrovò a leggere un biglietto firmato da una finta Daisy che si lamentava per le prestazioni sessuali del Capo: era la scrittura di Baster.
“Riccardo, guardami!” - la voce di Naomi risuona dal ballatoio.
Baster mi fissa con gli occhi sgranati, porta l’indice al naso, imponendomi di stare in silenzio: resto immobile, reclina sul letto, sperando che non sia l’ennesimo scontro al quale dovrò partecipare.
“Non urlare! Non urlare! Ti sto dicendo che non sono un treno, non sfreccio, ho bisogno di passi lenti, pensati..” - sostiene questo.
“Riccardo, non lo reggo più il tuo ritmo, sei così dietro che nemmeno riesco a vederti accanto!” - ruggisce Naomi, nervosa per l’ennesima attenzione mendicata.
Cosa ti aspetti? - vorrei dirle.
Stanotte, mi ha baciata ma tu non lo sai. Stanotte, qualcosa è cambiato per sempre ma questo Riccardo non l’ha detto né a te, né a me, né a sè stesso.
Stanotte, ha detto d’amarmi e sembra averlo quasi scordato.
Gli abbracci, le lacrime, quel bacio… il bacio: tutto un ricordo lontano, di una notte fredda, smarrita nella linea di confine tra sogno e realtà. Tutto così dannatamente remoto, al punto da farmi dubitare che sia avvenuto.
“No. Non farlo! Non farlo!” - sostiene Riccardo, rispondendo a qualche silenziosa minaccia della sua donna.
“Starò via per un po’…forse dormo agli alloggi, forse ritorno a casa. Ho bisogno di schiarirmi le idee..” - avverte lei, con la voce rotta dal pianto.
“Non gliel’ha detto!” - mima Baster, colpito con evidenza, da tanta codardia.
“Ti sto chiedendo tempo… ma del tempo insieme!” - implora il Capo.
“é da quando siamo qui, che ti chiedo del tempo insieme ma tu sembri essere altrove…” - sostiene lei, avviandosi alla porta.
“Naomi…non andartene!” - esclama Riccardo, dall’alto delle scale, con tono pietoso.
Hai tentato di fingere, di reprimere le emozioni, di vestirti di sorrisi lievi, di riempirti la testa di favole ma tutto questo non è bastato. Hai lasciato che gli altri parlassero per te, che gli altri ti capissero, ti temessero, ti assecondassero e adesso sei rimasto solo: tu e il mondo che ti è crollato addosso.
Naomi non regge i tuoi passi falsi, io, i tuoi passi indietro.
Mi abbracci, vai via e la porti ai mercatini natalizi.
Mi parli, piangi, vai via e resti per un intero giorno, a letto con lei.
Passi una notte con me, non mi parli, vai via e la inviti a pranzo fuori.
Mi baci, non lo dici, tieni tutto per te e ad andar via…è la tua lealtà.
E anche adesso, mentre osservi la porta d’entrata chiudersi e la tua donna sparire, non sai far altro che guardare; guardare ed imprecare; guardare, imprecare e dannarti, dall’alto delle scale, senza osare cambiare il corso degli eventi, senza intervenire , senza esserci per davvero.
Mi chiedo cosa sia accaduto al mio uomo… L’uomo che amo è sorridente, carismatico ma soprattutto deciso, chiaro. L’uomo che amo non lascia nulla al caso, non resta inerme. All’uomo che amo, ho detto addio stanotte, quando al punto di svolta, ha deciso di tornare indietro, al punto di partenza: solo che stavolta Naomi, non c’era ad aspettarlo.
Mi hai baciata, hai pianto… e a me sembrava tutto risolto.
Mi hai baciata, hai pianto… e ti sei scusato per avermi amata.
Mi hai baciata, hai pianto… e son diventata il tuo più grande errore.
Mi hai baciata, hai pianto… e questo non è bastato.
“Se n’è andata!” - sospira speranzoso Bater, sottovoce.
“L’ha implorata…” - sostengo con disdegno, prendendo a vestirmi affannosamente.
“Cosa hai in mente?” - domanda B., curioso.
“Non gli farò da spalla, non adesso che è rimasto solo.” - sostengo, allacciando gli anfibi.
“Ma finalmente puoi parlargli!” - incita B.
“No, Baster, no. Gli avrei parlato se fosse stato lui a chiedere del tempo. Gli avrei parlato se avesse spiegato tutto a Naomi. Gli avrei parlato se avesse scelto una sola volta. Non adesso.” - sostengo irata.
“E quindi? Cosa vuoi fare?” - domanda Baster, sbarrandomi il passaggio.
“Quello che farebbe ogni donna ferita, al mio posto. Vado a scrivere la parola fine” - mi dimeno, cercando di scansare il suo corpo occupante, immobile innanzi alla porta.
“Daisy… ci sono quattro anni della tua vita, lì fuori!” cerca di farmi ragionare B.
“Quattro anni che Riccardo ha appena mandato a puttane, implorandola di restare. Io non sono l’errore di nessuno, Baster. Non merito meno rispetto di Naomi. Non ho fatto nulla per diventare un’amante e se il mio uomo mi reputa uno sbaglio da occultare, beh… allora non è più l’uomo che voglio al mio fianco!” - sentenzio categorica, spintonando Baster, in modo da poter uscire dalla mia camera.
Scendo affannosamente le scale, convinta del da farsi, senza lasciare spazio ad obiezioni, senza voler ragionare sulle altre mille possibilità a mia disposizione. No, non vedo altra soluzione che scrivere la parola fine. E nemmeno la bacheca con le nostre foto, la chitarra posta sulla sedia e Riccardo disteso sul divano riescono a farmi cambiare idea.
“Preparati ad assaggiare il risotto ai funghi più buono di tutti i tempi!” - mi avverte Sergio, orgoglioso, diventato tutt’uno con il grembiule da cuoco, che gli calza a perfezione.
“Non pranzo con voi, mi spiace!” - sostengo sbrigativa, avviandomi in giardino.
“Dove vai, così di fretta?” - domanda stranito, Sergio.
“Sto per chiedere, per la prima volta, un primo appuntamento! Incrocia le mani per me!” - faccio un occhiolino, afferrando un biscotto dal banco della colazione.
E se c’è una cosa che ancora riesco a calcolare di Riccardo, è una sua reazione quando si sente ferito.
Ma no, non è così, Riccardo. In questo gioco a scacchi, l’unica ad essere mangiata, sono io.
Lascio aperta la porta d’entrata, afferro il cellulare dalla tasca, tiro un forte sospiro.
Daisy, molla questo fottuto mantello dell’invisibilità e vivi! - ripeto, osservando il numero di Kim fisso sul display. Riccardo è dietro di me, per accertarsi che stia scherzando. Forse, convinto che sia un modo per attirare la sua attenzione, forse, abituato ai giochetti di Naomi e non più a me: io non gioco, io faccio sul serio e se chiudo quella dannata porta: non torno indietro. No, non torno più indietro.
Fingo di non accorgermi della sua presenza e senza pensarci ancora, clicco l’icona verde: verde come la speranza, verde come le cose che non tornano più, verde come le foglie appena nate.
“Ehi…” - sospiro, sentendo la voce di Kim dall’altra parte.
“Ti chiamo per chiederti un consiglio.” - sostengo provocatoria.
“Se chiamassi un uomo al quale ho dato innumerevoli due di picche… e per farmi perdonare, lo invitassi fuori a pranzo con me, pensi che accetterebbe?” - spiego, miagolando.
“Se chiamassi quell’uomo, ti direbbe che è a cinque minuti da casa tua. Per cui… metti indosso la prima cosa che trovi. Sto venendo.” - la voce di Kim, risuona dal viva voce, inserito - non casualmente- per rendere partecipe la platea .
Riccardo mi osserva rientrare, impalato sull’uscio della porta, senza aver parole da dire, minacce da urlare, occhiate misere da donare.
“Baster, il cappotto!” - urlo, dal basso delle scale.
Jack, che evidentemente deve aver assistito a tutto, si porta una mano alle tempie, in segno di resa.
Ma il suo sguardo diviene timoroso e preoccupato, quando, dal basso delle scale, osserva la scelta di Baster: cosa avrebbe potuto lanciarmi, se non il cardigan di Riccardo?
Lo indosso frettolosamente, lancio un’ultima occhiata a B. incrociando le dita e questo mi risponde alzando un pugno in segno di forza.
Guardo un’ultima volta Sergio e Jack, abbozzo un sorriso prima di raggiungere la porta.
Porta barricata da Riccardo, che con braccia incrociate e gambe tese, ostruisce il passaggio.
“Per favore, fammi passare…” - sostengo, senza guardarlo in volto.
“Guardami!” - ordina perentorio.
“Fammi passare!” - domando, con il viso basso.
“Guardami!” - minaccia, con tono alto.
Mi afferra il mento, mi solleva il viso, si assicura che io prenda a guardarlo e prendendosi gioco di me, sorridente, irride:
“Dove pensi di andare?” - scuote il capo incredulo.
“Lasciami andare, Riccardo!” - mi faccio seria, liberandomi dalla sua presa.
“Ho brutte notizie per te: non andrai da nessuna parte!” - deride con scherno.
“Riccardo, spostati!” - faccio pressione sul suo petto, tentando invano di spostarlo.
“Hai due minuti per salvare il culo del coglione che sta venendo a prenderti. Due minuti… Se entro due minuti non sarai su quel divano”- indica il sofà in feltro marrone “me la prenderò con lui… e ti assicuro che quando gli avrò spaccato la faccia non lo troverai così bello…” - minaccia perentorio, afferrandomi i polsi.
“Lasciami. Mi stai facendo male, lasciami!” - lo avverto, intimidatoria.
“Riccardo!” - urla Jack, a mo’ di rimprovero, frapponendosi tra noi.
“Stanotte ho tradito per la prima volta in vita mia… non le lascerò far finta di niente!” - ribatte lui, in direzione del suo amico.
“Riccardo, lasciala andare!” - ordina Jack, tentando di allentare la presa del Capo sul mio corpo.
“Te lo lascerai sfilare, questo cardigan?” -poggia la sua fronte sulla mia e con sguardo minaccioso, stropiccia il cappotto tra le mani, poi aggiunge “E il coglione lo sa, che indossi le mie cose?” - prende a dire aggressivo.
“Riccardo!” - lo rimprovera ancora Jack.
“Perchè dovrei lasciarla andare? Tu, la lasceresti andare Giulia?” - domanda Riccardo, fuori di sè, non controllando le parole, le associazioni, i confronti: Giulia ha un fidanzato, io no.
“La tua Giulia, è andata via prima. A lei dovevi sbarrare l’uscita!” - sostengo, provocatoria.
“Ha ragione Daisy, lasciala!” - sbotta Jack, tentando di liberare i miei polsi.
“Dovevo sbarrarle l’uscita, per dirle che non riesco ad andare avanti senza te?- ruggisce.
“Ho cercato di essere trasparente, ho cercato di diventare invisibile, per non frappormi tra te e lei. Non ho fatto scenate, non ho mendicato attenzioni, ti ho lasciato vivere la tua vita, lasciami vivere la mia…”
“Sei stata trasparente?” - ride Riccardo agitato, fuori di sè. “E quando, esattamente? Perchè io ricordo solo notti insonni…mi sono dannato, maledetto, condannato per quello che tu hai fatto e continui a fare.”
“Di cosa mi accusi? Del fatto che io stia provando a farmi una vita, dopo averti visto implorare un’altra donna? Riccardo… lasciami, non lo ripeto più…” - minaccio, con aria tesa.
“Quindi , stanotte non è successo nulla? Sei pronta a ripartire senza ripensamenti?” - domanda serio, ammorbidendo il tono.
“E per te? Stanotte, cos’è successo? Perchè io ho visto lo stesso uomo che mi ha baciata, implorare Naomi di restare…” - sussurro.
“Daisy… non varcare questa soglia o mi hai perso per sempre!” - avverte perentorio.
“Ti ho perso tre mesi fa… ma non te ne sei ancora accorto..” sostengo, disgustata.
La macchina di Kim compare a metà del viale che porta a La Quercia. La vista di quell’auto mi fa vivere qualcosa di nuovo: per la prima volta, desidero di stare con lui, con lui e nessun altro. Per la prima volta, ho temuto una reazione di Riccardo. Per la prima volta, il mio uomo non mi sembra più mio. Per la prima volta, alla delusione, si è sostituita una voglia di vivere, vivere e condividere. Per la prima volta, non trovo una giustificazione a tutto questo dolore.
“Ok.”- aggiungeRiccardo, notando la presenza di Kim, nel viale “Hai una scelta da prendere. Esci da questa porta e sarai la causa del suo licenziamento!” - propone, ormai a corto di minacce.
Guardo Jack e poi Baster, cercando in loro le risposte che non ho. Ho due possibilità: rifiutare un pranzo che io ho proposto o essere la causa del suo licenziamento : lo perderei in entrambi i casi.
“Va’!” - sussurra Jack, indicando Kim.
“Jack… non sei invitato in questa discussione!” - sbotta il Capo, chiedendogli di allontanarsi.
“Ti ho fatto fare quello che volevi fino ad oggi, perchè ho immaginato la tua sofferenza. Ma sei fuori di te! Hai perso il controllo! Sei il mio amico, quello di sempre, del quale mi fido più di tutti e se mi stessi comportando come te, con Giulia, vorrei che tu facessi esattamente quello che sto facendo io.” - spiega serio Jack, poi, voltandosi verso di me, sussurra:
“Daisy, va’ a quel pranzo!”
Riccardo libera immediatamente la presa: intorno ai miei polsi, si è creato uno spesso e roseo contorno, che delinea il costo della mia libertà. Prende a camminare affannosamente in direzione di Kim, del tutto incontrollati, i suoi piedi affondano nella neve e si rialzano con difficoltà, provocando un dondolamento di quel corpo ormai instabile.
Jack prende a corrergli dietro e bloccandolo dalle spalle, volta il suo corpo verso l’ingresso di casa, quindi affranto sussurra: “Lasciala andare… Riccardo, lasciala andare!”
“Non farlo Jack, non fermarmi!” - urla, abbandonandosi nella neve, ormai esanime, inerme, sconfitto.
Mancano tre passi, per superare il suo corpo e correre verso Kim.
Mancano due passi, per cambiare la mia vita, per sempre .
Manca un passo, per dire addio a Riccardo.
E così, in un freddo mattino di Dicembre, prendo a camminare col cuore a pezzi e l’anima in frantumi ma no, non ci ripenso, non mi volto, non tentenno. Canto. Canto con le lacrime agli occhi ed il corpo in subbuglio: ma canto!
“Guardare ogni giorno se piove o c’è il sole, per saper se domani
si vive o si muore e un bel giorno dire: Basta! E andare via.
Ciao, amore. Ciao, amore. Ciao, amore. Ciao…”
Raggiante e sorridente, Kim attende con aria circospetta e con lo sguardo curioso, puntato in direzione del giardino de La Quercia.
“Va tutto bene?” - domanda, indicando in lontananza Jack accovacciato sul corpo di Riccardo.
“Si divertono così!” - porto le spalle in su, fingendo noncuranza.
“Beati loro!” - sorride, divertito.
Mi invita ad entrare in macchina e prima di sedersi al posto di guida lancia un’ultima occhiata alla raccapricciante scena del Capo immerso tra la neve.
“Che odore!” - esclama, ispirando profondamente:” Sento aria di intraprendenza!” - sussurra provocatorio, riferendosi al mio invito.
“Ed è un buon odore?” - domando.
“Il migliore…” - sottolinea, seducente.
“Dove si va?” - domando, quando il viale di casa è ormai alle spalle.
“Tavola calda, panino gigante e birra ghiacciata: è un programma troppo volgare?” - sostiene, aggrottando al fronte. Poi aggiunge:
“Avrei prenotato al ristorante sul lago, se non mi avessi avvertito alle quindici!” - si giustifica.
“Panino gigante e birra ghiacciata mi sembra il miglior programma di sempre!” - lo rassicuro.
Ed anche il silenzio che segue, non è imbarazzante, inopportuno, inadeguato, anche questo silenzio è in grado di donarmi serenità, più di quanto io ne abbia avuta negli ultimi quattro mesi.
“Baster è ancora intento ad organizzare piani contro il Capo, o fa anche altro nella sua vita?” - aggiunge poco dopo.
“Mi fa piacere che tu mi abbia fatto questa domanda. Perchè proprio stamattina, mi ha svegliata esordendo - devo vendicarmi di Kim, e mi serve il tuo aiuto!” - sorrido, imitando B.
“Cosa?” - chiede sbigottito, frenando bruscamente.
“Sul serio?” - aggiunge, esterrefatto
“Si. Stai avendo parecchio successo con il flirtometro. E per Baster meriti una punizione che in realtà ti ha già inflitto!” - annuncio rallegrata.
“E sarebbe?” - domanda, incredulo.
“Ci sono solo dieci o forse venti biglietti, firmati da fantomatiche donne, che parlando di un certo Kim con il pene piccolo e con eiaculazione precoce.” spiego, poi aggiungo “Benvenuto, nella vita di Baster!” - esordisco sorridente.
“Ma mi ha chiesto di far parte del suo club!” - protesta scettico.
“Questo è accaduto prima che si accorgesse che hai più fan di lui!” - spiego cordialmente.
“Sai? Comincio ad avere paura di Baster!” ammette, una volta sceso dall’auto.
“Sai? Non riesco a darti torto!” - sostengo divertita.
“Ada, luce dei miei occhi…” - esordisce Kim, entrato nella tavola calda.
Una signora bassa e grassoccia si volta di scatto e seccata borbotta:
“Cominciavo a sentire la tua mancanza, Casanova!”
“Mi spieghi perchè ti odiano tutti?” - domando curiosa, accomodandomi sulla panca indicata da Kim.
“Ada mi ama, ma non se ne è ancora accorta!” - precisa il mio accompagnatore, stuzzicando la cameriera.
Questa prende a guardarlo di traverso e con aria stremata, sistemandosi il grembiule stropicciato, ammette:
“Da quando Dio Kim pranza qui, questo buco è diventato il ritrovo delle ragazzine. Il mio lavoro è duplicato ma il mio stipendio no. Mi chiedi ancora, perchè lo odio?”
“Wow!” - sussurro esterrefatta “Per la prima volta, penso che Baster abbia ragione!” - aggiungo.
“Hai della posta per me?” - domanda, divertito, prendendosi gioco di lei.
“Certo che ho posta per te! Ma pretendo la mancia per i servizi non previsti dal contratto! Sono chiara?”- borbotta estenuata.
“La posta?” - chiedo, senza seguirli.
“Ogni giorno, decine di ragazzine, lasciano dei messaggi per Alain Delon !” - sbotta questa, indicando Kim.
“Cosa prendi?” - domanda, ormai in lacrime, Kim, per le battutacce di quella donna che trovo straordinaria.
“Quello con l’arrosto!” - esclamo, indicando il menù.
“Per te, il solito?” - domanda Ada, portando gli occhi al cielo.
“Assolutamente si, mia musa ispiratrice!” - sospira con scherno, mentre questa con forza picchietta la mano sul tavolo, lasciando una grande quantità di bigliettini sul tavolo.
“Posso leggerli?” - chiedo una volta soli.
“Ma certo…” - sorride imbarazzato, giocherellando col ciuffo dorato che gli cade sulla fronte.
“Kim stanotte ti ho sognato. - da Anonimo” - leggo, sgranando gli occhi.
“Kim sei il ragazzo più bello che abbia mai visto! da Emme- puntata “ - continuo.
“Ti fidanzeresti con una ragazza dieci anni più piccola di te? da Anonimo.- Ma con una scrittura diversa” - sottolineo, comparando le due dediche.
“Kim, vorrei un tuo gesto, un tuo segnale per continuare a sognare. da La ragazza in vacanza con la famiglia” - esclamo con tono solenne.
“E tu? vorresti un mio gesto… un mio segnale?” - domanda pacato, poggiando la sua mano sulla mia.
“Dipende dal gesto, dal segnale…” - sussurro, provocatoria.
“Cosa posso fare, per questi occhi tristi?” - chiede dolcemente, prendendo ad accarezzarmi i polsi, gli stessi che qualche ora fa, erano intrappolati in una morsa violenta.
“Questi occhi hanno solo bisogno di vivere la magia del Natale!” - sospiro, abbassando il capo.
“Quindi il problema è il Natale? Questo spettacolo è il problema?” - domanda indicando aldilà dell’immensa vetrata, la distesa di neve infinita quanto il mare , gli abeti addobbati che si fanno spazio tra le cime aride delle montagne, le lampadine colorate che illuminano il cielo già buio, alle prime ore del pomeriggio e le distese di luci che invadono il parcheggio della tavola calda.
“Il problema è non riuscirne a godere. Ho sempre amato il Natale. Ma quest’anno, per la prima volta, spero che passi in fretta!” - farfuglio rassegnata.
“Mi stai chiedendo la magia del Natale?”- domanda entusiasta “Perchè tu non lo sai…ma stai pranzando con il miglior imitatore di Rod Stewart!” - ammette, pavoneggiandosi.
“Addirittura? E dovrei crederti sulla parola?” - lo provoco, fingendomi scettica.
“Stai per assistere alla più grande magia del Natale, mai vista!” - promette, sfilandosi il caldo parka di lana.
“Non dirai sul serio?” - chiedo ridendo, guardandolo allontanandosi.
“Alain! Ci sono i panini qui!” - Ada, lo richiama seccata, una volta raggiunto il nostro tavolo.
“Dov’è Pitt ?” - chiede lui, dal centro della sala.
“Nel retro!” - borbotta questa, portando gli occhi al cielo.
“Cosa sta facendo?” - domando incuriosita.
“Come ti chiami?” - chiede amorevole, Ada.
“Daisy…” - ammetto.
“Daisy… sai come sono gli uomini? Si rendono ridicoli per un po’ d’amore!” - spiega noncurante.
“Ridicolo?” - chiedo ancora, curiosa.
“Pitt è il ragazzo del karaoke. Trovami qualcosa di più imbarazzante e ridicolo del Karaoke al primo appuntamento! Diavolo!” - sbotta, quasi irritata.
Avete mai visto Rod Stewart, col suo ciuffo biondo e le giacche buffe e sgargianti? Avete mai notato quei passetti agili e quel modo goffo di ondeggiare lentamente le spalle? E il modo in cui lascia fluttuare le gambe? E quello strambo modo di recitare le canzoni? A me è capitato innumerevoli volte, di perdermi e lasciarmi trasportare dalle sue esibizioni, immaginando ogni cellula del mio corpo, su una slitta piena di regali. Ma è facile sentire la magia del natale, in una casa calda, piena di amici e di vino, tra le braccia del tuo ragazzo, dinanzi al camino e con accanto una chitarra. Quante possibilità ci sono, di vivere lo spirito natalizio, con una vita distrutta, il cuore a pezzi ed un ex ragazzo fuori di sè? Ad essere ottimisti, una o forse due su un milione e Kim, le aveva appena afferrate entrambe.
E così, mi ritrovo a ridere, ridere di cuore, dinanzi ad un uomo bello come il sole, che contornato da fili natalizi rosa ed argentati usati a mo’ di sciarpa, prende ad ancheggiare lentamente, in un modo strambo e bizzarro, rendendosi l’uomo più ridicolo ma maledettamente dolce della Terra.
“Oh, the weather outside is frightful,
But the fire is so delightful,
And since we’ve no place to go,
Let it snow, let it snow, let it snow!”
Prende a recitare serioso, entrando nel personaggio e riproducendo la miglior imitazione di Rod Stewart mai vista prima.
“Gli uomini!” - commenta Ada, fingendosi disgustata da quell’esibizione che invece osserva sottocchio, divertita.
Kim, mi guarda dal piccolo palco, istallato accanto al bancone: sorride divertito, fregandosene dei presenti, dei clienti, di Ada, del suo appeal. Ci sono io e questo sembra bastare.
When we finally say good night,
How I’ll hate going out in the storm;
But if you really hold me tight,
All the way home I’ll be warm.
Passa tra i tavoli, scherzando con Ada, ondeggiando intorno al suo corpo, ma sempre ed irrimediabilmente perso nei miei occhi, con uno sguardo magnetico, sensuale, seducente… è in grado di attrarre anche decorato come un albero di natale, facendo buffi movimenti, osservando una donna delusa, ferita, che sembra aver ancora voglia di vivere.
“Sei appena entrato nella top ten, delle cose più belle che io abbia mai visto!” - ammetto, quando mi raggiunge al tavolo.
“Anche tu sei nella mia top ten, ma senza aver mai imitato nessuno!” - confessa, fiero.
“Essere nella tua top ten è un privilegio, date le mille richieste!” - indico i tanti foglietti accartocciati sul tavolo.
“In che posizione sono nella tua lista?” - domanda curioso…poi si corregge “anzi, sono sopra o sotto al Capo?” - chiede con lo sguardo furtivo.
“Ti ho invitato a pranzo e ti ho confessato che sei nella lista delle persone che preferisco, mi sembra già abbastanza per un primo incontro. “ tergiverso, ammiccando.
“Bene. Allora, aggiungila come domanda, alla lista delle cose che ti chiederò al nostro secondo appuntamento!” - avverte Kim.
“Ci sarà un secondo appuntamento?” - mi prendo gioco di lui, divertita.
“Se non per me, per Rod Stewart!” - ammette, ironico.
“Vi porto altro?” - ci interrompe Ada, avvicinandosi al tavolo.
“Daisy, devi assaggiare il dolce della casa!” - incita Kim, affondando i denti, nell’ultimo pezzo di panino avanzato.
“Perdonami. Mi sta chiamando Baster, deve essere urgente!” - dichiaro preoccupata, avviandomi verso l’uscita.
“Ehi…” - sussurro ansiosa, una volta fuori.
“Daisy, devi tornare a casa. E sai che non te lo direi se non fosse grave!” - ammette Baster, serio.
“Cos’è successo?” - domando con la voce rotta.
“è mezzo ubriaco e fuori di sè. Sta inveendo contro di te: avevate il turno degli addobbi e te ne sei scordata.
Ha minacciato di chiamare Tom, per il licenziamento di Kim!” - spiega affannato.
“Sto venendo. Prendi tempo. Sto venendo!” rassicuro frettolosa.
Tiro un lungo sospiro, socchiudo gli occhi e cerco una forza che sembro non avere, per dire addio ad uno straordinario pomeriggio, senza pianti, lacrime, scenate. Un pomeriggio con Kim: forse, desideravo tanto?
“Kim… dovremmo ritornare a casa!” - sostengo, rammaricata.
“Qualcosa di grave?” - domanda, premuroso.
“Seri litigi in casa, ai quali, ahimè… non avrei alcuna voglia di partecipare ma devo.” - spiego, affondando nel suo corpo e perdendomi in quelle braccia tanto possenti, quanto rassicuranti.
“La prossima volta, lo spegniamo ‘sto cellulare!” - mi avverte, stampandomi un bacio alla tempia.
“Certo!” - sorrido esausta, avviandomi all’auto.
“Me la ricanti per il tragitto del ritorno?” - domando, riferendomi a Let it snow.
“Le mie esibizioni, hanno un prezzo!” - sostiene lui, provocante.
“Bene! Quanto costa una tua esibizione?” - chiedo incuriosita.
“Un bacio… Basta un bacio…” - sussurra, poggiando una mano sulla mia gamba prendendo ad accarezzarla.
“Pagamento anticipato?” - domando, ridendo.
“No… In piccole comode rate!” - risponde a tono.
“Kim, grazie davvero per questo straordinario, breve, primo appuntamento” - farfuglio imbarazzata.
“Il primo di una lunga serie..” - promette solenne.
“Arrivati a destinazione!” - esordisco, stampandogli un bacio sulle gote.
“Hai preso in parola le “piccole e comode rate” ?” - protesta e poi mi afferra il viso, con le vigorose mani e mi stampa un bacio sulle labbra.
Delicatamente, dolcemente, senza pretese, senza presunzione.
“A dopo, Kim!” - sussurro, scendendo dall’auto.
“A tra poco!” - sorride glorioso.
Percorro il viale lentamente, per evitare che la mia presenza venga avvertita dagli abitanti de La Quercia.
Faccio una deviazione, prendendo il sentiero per il lago, in modo da nascondermi dietro gli imponenti abeti.
Guardo una volta e poi ancora, la raccapricciante e pericolosa scena.
Riccardo ha lo sguardo fisso nel vuoto. Ritmicamente versa del brandy nel suo bicchiere e lo lascia scorrere giù senza difficoltà o remora alcuna. Beve e sorride, sorride ed impreca, impreca e bestemmia.
“Signori…” - si alza di scatto, rivolgendosi a Sergio, Jack e Giulia che contornano il suo corpo quasi come cordone umano.
“La regina tra poco, ci degnerà della sua presenza. State per conoscere la vera Daisy. Quindi mettetevi comodi e godetevi lo spettacolo!” - minaccia, spadroneggiando.
“Riccardo, devi stare calmo!” - implora Jack.
“Solo se lo sarai anche tu, appena saprai quello che mi ha fatto!” - lo sfida Riccardo, affondando nella sedia, annegando nel Brandy, navigando nell’odio.
Nina Solamente
(Proprietà letteraria riservata ©Copyright Nina Solamente)
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