TI RACCONTO UNA STORIA.......A Cristalli Liquidi di Nina Solamente cap. 7


Pronti per un nuovo capitolo di questa appassionante storia?
Allora senza indugio, miei cari coccolosi..ecco i nostri amati protagonisti!




CAPITOLO 7

Quante vite può vivere una donna ferita?
Con lo sguardo fisso alla finestra della mia camera, mi gusto la spettacolare nevicata che invade il paese, spiegandosi, come un soffice telo color latte sui tetti delle case, quasi creando un secondo cielo. Giro e rigiro una tazza di the caldo tra le mani, sperando che quel calore riesca a scaldarmi il corpo gelido ed assente. Sistemo un plaid sulle spalle, avvio il piccolo stereo poggiato sulla mensola: in radio trasmettono la colonna sonora di Ghost e sembra tutto così perfetto, così vivo, così distante da me che sono una foglia caduta, poggiata a terra e calpestata.
Fino a qualche minuto fa, Riccardo giocava in giardino con Noemi, scansando le palle di neve lanciate dalla sua donna; lo stesso Riccardo che qualche ora fa, ha confessato di non essere ancora pronto a perdermi.
Penso e ripenso a stanotte, ai nostri corpi così distanti e ai nostri visi tanto umidi, penso alle parole non dette e a quelle che c’hanno ferito, penso all’odio di Riccardo e al mio amore per lui, al suo silenzio per tutto il tragitto del ritorno, ai suoi sforzi per giustificarsi con Naomi, penso alla quiete dopo la tempesta e li immagino sotto le coperte a far la pace e mi chiedo… quante volte, una donna delusa possa risuscitare dal dolore e ricucire le ferite.
Un leggero ticchettio mi avverte della presenza di qualcuno fuori la porta ed è chiaro segno che non è Baster, perchè Baster non bussa.
“Entra!” - esordisco con tono irritato.
“Posso?” - Il corpo di Riccardo compare dalla penombra del ballatoio: immobile, rigido, timoroso. Attende un mio ulteriore cenno che gli conceda il permesso di entrare.
“Entra!” - ripeto, invitandolo nella mia tana, dove osservo la sua nuova vita senza me.
“Sei impegnata? Ti ho disturbata?”- domanda con premura, richiudendosi la porta alle spalle.
“No…” sussurro timidamente.
“Sicura?”- ripete.
“Si, sicura!” - esclamo.
“Allora…”- si guarda intorno impacciato poi con difficoltà, sussurra “Tieni!” - porgendomi il suo cellulare .
Lo osservo spiazzata, afferro il cellulare e dal display compare una chiamata in corso:
“Pronto…” - sussurro timorosa.
“Daisy…” - in viva voce risuona la voce di Pippo, il padre di Riccardo.
“Ehi…” - esclamo emozionata. Tento di controllare ogni accenno di pianto, per evitare che il mio interlocutore si agiti .
“Da quanto tempo…Daisy!” - ripete commosso il mio Pippo.
“Com’è che stai?” - domando apprensiva, portandomi la mano in viso, quasi incredula.
“Adesso, bene! Che piacere parlarti! Che sollievo sapere che le cose tra voi stiano ritornando come prima.”- balbetta sognante.
Riccardo mi guarda imbarazzato, quasi scusandosi per le false speranze del padre.
“Quand’è che mi inviti a giocare a Scarabeo?” - domando, evitando di alimentare i suoi desideri.
“Il primo giorno libero che hai!” - farfuglia frettoloso. Poi aggiunge:”Scusami se ti ho disturbata ma mi mancavi e non ho resistito, così ho chiesto a Ricky di poter parlare con te…”
“Non mi disturberai mai… ti prometto che da domani ti chiamerò almeno una volta al giorno, così sparleremo in santa pace di Mena la portinaia!” - sogghigno divertita.
“La vecchiaccia riempie la mia cassetta della posta di cartacce e spazzatura!” - si lamenta acerbo.
Riccardo porta le mani al viso per trattenere uno stridulo provocato dalle imprecazioni di Pippo.
“Nasconde ancora la polvere sotto al tuo zerbino?” - domando, nostalgica dei racconti di Mena la portinaia.
“Per impedirglielo, ho rinunciato al mio zerbino! Appena sarai qui, investigheremo, come sempre, dallo spioncino e scopriremo cos’altro ha in mente!” - borbotta il confabulatore.
“Papà, saluta Daisy…” - ordina Riccardo, portando gli occhi umidi al cielo.
“Aspetto la tua chiamata!” - mi prega entusiasta Pippo, prima di salutarmi.
“Potevo parlarci ancora…” - sussurro, quando Riccardo aggancia il cellulare.
“Avrebbe continuato per ore… ti chiedo scusa!” - ammette dispiaciuto.
“Dovresti chiedermi scusa, per tutte le volte che non mi hai permesso di sentirlo, non il contrario…” - sostengo guardandolo amareggiata.
“Non devi farlo per forza…” - interviene con tono delicato.
“Cosa?” - domando.
“Chiamarlo una volta al giorno!” - sostiene.
“Lo so! Infatti, stavo pensando di chiamarlo due volte al giorno!” - sottolineo convinta.
“Il pranzo è quasi pronto!” - la voce di Giulia risuona dal basso, interrompendo quel silenzio imbarazzante.
“Adesso vado!” - lo avverto, raggiungendo la porta e lasciando la stanza prima di lui.
Baster mi osserva scendere le scale: prontamente prende a strofinarsi ritmicamente il naso: chiaro segno che devo reggergli il gioco per l’ennesimo piano. Quante vittime ci saranno, questa volta?
Si solleva dal divano, con la stessa difficoltà di un vecchio ottantenne e quando Riccardo è quasi alla fine della rampa di scale, esordisce:
“Giulia, per quante persone hai apparecchiato?”
“Oh… vedi così pochi coperti, perché Riccardo e Naomi vanno a pranzo fuori!” - si giustifica lei.
Adesso è tutto più chiaro… Il Capo ha invitato la sua donna a pranzo, forse… forse è da questo che tenta di difendermi B.
“Si, questo lo so!” - precisa Baster che poi aggiunge “Ma Daisy ha invitato Kim a pranzo, quindi devi aggiungere un posto!” -
“Cos’hai fatto?” - lo ammonisco bisbigliando, con lo sguardo iracondo.
“Venti euro che gli viene un infarto!” - commenta Baster, indicando Riccardo.
“Ma perchè?” - mimo furibonda.
“Lui va a pranzo con lei, tu inviti Kim: fila liscio!” - sussurra noncurante.
“Kim?” - sbraita il capo- staff, ruggendo contro di me “Kim, qui? Permetti ad un estraneo di entrare in casa, senza chiederlo al gruppo?” - continua lui.
“Ricky!” - la voce di Naomi, risuona dal giardino.
“A proposito di estranei…” - sussurro ironica, provocando ai presenti un risolino isterico.
“Sei pronto?” - domanda una volta in casa.
“Resteremo a pranzo qui: abbiamo ospiti!” - commenta spasmodico Riccardo, sedendosi a tavola: senza lasciare spazio ad obiezioni.
“Chi ci raggiunge?” - domanda Naomi, in direzione di Baster.
“L’amico di Daisy… come si chiama?” - finge di non ricordare il nome dell’uomo che ha appena invitato a casa, “Ah! Kim!” - aggiunge poco dopo.
“Wow!” - commenta esaltata Naomi.
“Quando l’hai invitato?” - sussurro, trascinando Baster in un angolo.
“Quando Madame Bovary ha ripetuto, in meno di dieci secondi, tre volte la frase- a pranzo col mio amore! “- porta gli occhi al cielo scioccato, quasi come se fosse lui, la vittima di quel gioco a scacchi.
Riccardo mi guarda sottocchio, di traverso, quasi volesse accusarmi di ogni male presente al mondo. Quasi come se portassi addosso il marchio di tutte le nefandezze umane. Gira e rigira il bicchiere tra le mani, facendolo roteare nervosamente, fino a quando la sua attenzione non viene catturata dal nostro ospite: Kim, che si presenta in perfetto orario, in perfetto ordine, con perfetta eleganza e con una perfetta bottiglia di Champagne tra le mani.
“Benvenuto!” - Jack fa gli onori di casa, invitandolo ad accomodarsi al tavolo da pranzo.
Kim saluta tutti indistintamente e tra loro anche me, più freddo del solito, quasi con ammonimento.
“Qual buon vento!” - sussurra ironico, Riccardo.
“Spero ti piaccia il pranzo che abbiamo preparato!” - Giulia interviene, evitando ogni scontro possibile e poi aggiunge:” Sono Giulia!” - porgendo dolcemente la mano.
“Kim!” - sostiene lui rilassato e poco dopo si accomoda sulla sedia vuota, posizionata accanto a me.
“Come va?” - domando sottovoce, quando il suo corpo sfiora il mio.
“Tutto bene!” - afferma, senza aggiungere altro. Chiaro segno che non ha voglia di conversare con me.
“Hai trovato difficoltà ad arrivare qui?” - domanda Sergio.
“No, alloggio in una casa poco distante!” - risponde cordialmente, riempendo il bicchiere di vino.
“Propongo un brindisi!” - interviene Baster, tirandosi su .
Gli occhi di tutti sono puntati su di lui e quasi tutti, conoscendo l’instabilità di Baster, temiamo la prossima mossa.
“Voglio brindare a tutte le energie di questa casa! A tutto l’amore che proviamo l’uno per l’altra, indistintamente e allo spirito del Natale che alleggia in queste quattro mura!” - sostiene fiero, quasi come se stesse descrivendo una situazione reale e non paradossale.
“A noi!” - interviene Jack, con tono alto, coprendo la voce di Baster, quasi per impedirgli di continuare.
“A noi!” - sussurriamo in coro, con visi falsi e composti.
“Kim, ti è stato riferito che i maschietti di questa casa sono invidiosi di te?” - sorride Giulia, giocherellando con la tovaglia.
“Ragazza, attenta alle generalizzazioni!”- la ammonisce serio, Riccardo.
“Chiedo scusa. Rettifico. Hai saputo che Jack, Baster e Sergio tentano di imitare i tuoi passi caraibici?” - domanda delicatamente Giulia, ignorando ogni tentativo di scontro da parte di Ricky.
“Assolutamente si!” - afferma lui, interrompendosi per bere.
“Wow… abbiamo una talpa in casa! Chissà chi è…” - spadroneggia Riccardo, rivolgendosi nella mia direzione, con gli occhi sbarrati.
“Sarei curioso di vedere questa imitazione!”- ammette Kim divertito, aggiungendosi alla lista delle persone che stanno ignorando il Capo che tanto brama uno scontro diretto con l’avversario .
“Un altro paio di bicchieri e cominceranno ballare!” - avverte Giulia con un occhiolino, mettendo in allerta il nostro ospite.
“E come mai, hai imparato a ballare così bene?” - si intromette Naomi.
“Per diversi anni, ho lavorato come animatore nei villaggi turistici e ho dovuto imparare per lavoro!” - spiega lui.
“Lo lasciate mangiare in pace?” - domanda Jack, forse infastidito per la troppa attenzione che Kim, inevitabilmente, attira su di sè.
“Tranquillo, Jack. E comunque ho finito! Tutto buonissimo!” - sostiene l’ospite, ripulendosi le labbra.
“Dunque… non ti dispiacerebbe rispondere ad altre domande?” - chiedo con un tono quasi impercettibile, avviando una conversazione riservata.
“No” - risponde questo.
“Neanche se fossi io a portele?” - borbotto provocatoria.
“Soprattutto se sei tu …” - sostiene Kim, ancora risentito ma maledettamente seducente.
“Ti va, di andare in giardino?” - domando, quando tutti hanno ormai i piatti ripuliti.
“Va bene!” - afferma, curioso.
Riccardo, nervoso, guarda sottocchio ogni nostro movimento. Riesco quasi a sentirli i suoi pensieri, le sue imprecazioni, il suo odio. Non so quanto maschilismo o quanto dolore sia celato nei suoi atteggiamenti. La verità è che per la prima volta, dopo quattro anni, ci troviamo in questa situazione: nessuno di noi due è preparato. Qualsiasi problema, discussione o incomprensione non è mai stata tanto grave al punto da riuscire a separarci. E poi… poi un po’ per noia o forse per altro, Riccardo ha lasciato che il dolore prendesse il sopravvento su tutto il resto: su di noi.
“Perchè ce l’hai con me?” - arrivo dritta al punto, una volta fuori con Kim.
“Cosa te lo fa pensare?” - domanda, prestandomi l’accendino.
In attesa di una mia risposta, porta il suo sguardo dritto su di me, quasi perforandomi, quasi accecandomi con tutta quella luce che quel viso emana.
“Da come mi guardi…anzi, da come non mi guardi, da come non sorridi e da come non mi parli!” - sussurro, accettando il suo invito a raggiungerlo sull’amaca.
“Andrò dritto al punto, proprio come te…” - sussurra, contornandomi le spalle col suo braccio, poi, sistemandosi il cappellino di lana sui morbidi capelli dorati, aggiunge: “Si, ce l’ho con te!” ammette, mordendosi le labbra. Diventa serio e prende a spiegare “Sono due notti che ti invito ad uscire con me, dopo il lavoro. Una volta fili via tra le braccia di Jack, senza spiegarmi cosa sia accaduto e ieri, invece, sgattaioli via, mano nella mano col Capo senza nemmeno salutarmi. E sono giunto ad una conclusione…” - ipotizza, guardandomi sottocchio.
“Va’… sono tutt’orecchi!” - dico, stendendomi sull’amaca.
Kim poggia una mano sulla mia coscia, prende a picchiettare le dita sul mio corpo e con un po’ di imbarazzo ammette:
“Immagino che sia un modo per evitare di dirmi che in realtà…” - prende tempo, schiarendosi la voce e con una smorfia buffa prosegue “la verità è che ti faccio schifo e non accetterai mai un mio invito. Pertanto chiedi ai tuoi amici, a turno, di accompagnarti all’uscita, così che io non possa avvicinarmi”- sostiene irrequieto.
“Sai che adesso, ad essere offesa, sono io?” - domando provocatoria. “Per rifiutare un tuo invito, avrei bisogno di escogitare tutti questi piani?” - chiedo incredula.
“Quindi… mi rifiuteresti e basta? senza ripensamenti?” - esclama, fingendosi impaurito.
“Dico solo che… troverei altri modi per rifiutarti!” - sostengo, vanitosa.
“Per esempio? Sono curiosissimo di sapere come mi rifiuteresti!” - ammette, mordendosi le labbra e prende a guardarmi come sempre: mi fa sentire nuda, piena e maledettamente bella.
“Probabilmente, ti direi che ho già un ragazzo… o che non mi piacciono i ragazzi! “ - spiego, ironica.
“Kim…” - la voce di Naomi ci distrae, interrompendo quella pace che sembrava ormai concessa.
“C’è Baster che chiede di te!” - ammette divertita.
“Vieni con me?” - domanda lui, dandomi un leggero morso sulla coscia.
“Finisco di fumare e ti raggiungo!” - sussurro, guardando fisso il suo corpo marmoreo, allontanarsi da me.
“State proprio bene, insieme!” - esclama Naomi, afferrando una sedia e accomodandosi accanto a me.
Mi sollevo dall’amaca, incredula per quello che ho appena ascoltato, guardo meglio intorno, sperando di aver capito male ed invece no, lei è proprio accanto a me.
“Sul serio, Daisy. Ti sto chiedendo una tregua! Mettiti nei miei panni… ti farebbe piacere se il tuo uomo trascorresse gran parte della giornata, con la sua ex? Adesso è tutto chiaro… Non miri a Riccardo e stai provando a rifarti una vita e questo mi consola… Amiche?” - domanda, porgendomi la mano.
Resto per qualche minuto in silenzio, ripercorrendo la colazione, il pranzo e tutte le mosse di Baster. Mi avrà drogata? - penso tra me e me, riesaminando secondo per secondo le volte in cui mi ha versato il vino.
Non può essere vero, non può aver detto una cosa simile, a me… Sono spiazzata e non gioco ad essere trasparente, no! Semplicemente non so cosa dire, di fronte a così poca sensibilità e a tanta stupidità.
Jack e Riccardo, dal patio, osservandoci in lontananza, prendono a camminare velocemente verso di noi: forse, temendo che di li a poco, le spezzi quel braccio esile che mi porge “in segno di pace”.
“Che succede qui?” - domanda Jack, con un falso sorriso che dovrebbe esprimere tranquillità ed invece la sua tensione è percepibile a metri di distanza.
“Vuoi davvero sapere cosa succede?” - sorrido divertita, scuotendo il capo incredula. “La donna di Riccardo, mi ha appena chiesto una tregua… anzi, mi ha appena chiesto di diventare sua amica. E sai perchè? Perchè pensa che io mi scopi Kim… e finalmente, non ha nulla da temere. Mi ha pregato di mettermi nei suoi panni e pensare al mio uomo che trascorre del tempo con un’altra donna: peccato che questi panni li indosso da così tanto che mi stanno stretti!” - sbotto, irata.
L’incarnato olivastro di Riccardo scompare, lasciando spazio ad un viso bianco latte tanto sconcertato quanto imbarazzato.
“Brutte notizie per te, mia cara! Non sono andata ancora a letto con Kim. Ma questo potrebbe succedere a breve o potrebbe non succedere mai… E davvero, credi che la tua relazione dipenda da me e Kim? Ma lo capisci che ha scelto te? Mi ha lasciata e ha chiesto di stare con te… di cos’altro hai bisogno? “ - domando furiosa.
“Che tu gli stia lontano !” - commenta lei, piena di rabbia!
“Chiedigli di prendere una casa da soli. In due ce la farete a dividere le spese!” -
il viso di Riccardo si irrigidisce e riesce quasi a fulminarmi con quegli occhi dello stesso colore del carbone.
“Perchè non proponi un trasferimento?” - domando furibonda. “Sono io, il tuo unico problema, no?” - le urlo addosso.
“Daisy, smettila!” - mi ammonisce, Riccardo.
“No, non la smetto per niente. Sei disposto ad andartene da qui, per vivere da solo con Naomi?” - domando, provocando un assordante silenzio e spargendo cocci rotti: tutti gli occhi sono puntati sul Capo, che non può sottrarsi dal rispondere.
“ No, non penso sia il caso!” - si arrende lui, con tono flebile e rassegnato.
“Signori…” esordisco “Il mio tempo qui è finito! Il mio uomo mi aspetta!” - sorrido, ripetendo le parole di Riccardo di qualche notte prima. Mi volto e raggiungo la baita, lasciando quell’uomo inerme, perso tra le sue giustificazioni e le sue ammissioni.

“Davvero, ballo così?” - domanda Kim, quando gli sono accanto, indicando lo strambo movimento di Sergio.
“Se danzassi così, non avrei di certo ballato con te!” - rispondo, affondando tra le sue braccia.
“Sto aspettando ancora…” - sussurra lui, nascondendo il capo tra i miei capelli.
“Cosa, esattamente?” - domando curiosa.
“Che tu mi inviti ad uscire… Dopo i ripetuti due di picche, adesso tocca a te!” - sogghigna, tenendo le braccia strette intorno al mio corpo.
“Saresti il primo uomo che inviterei ad uscire… e mi sa che devi fare di più che quattro mosse di reggaetton, per convincermi a chiedertelo!” - avverto provocatoria, liberandomi dalla sua presa e avvicinandomi al tavolo dei liquori.
“Devo farla ancora quella cosa?” - chiede Jack sottovoce, con fare misterioso.
“Certo, che devi farla! Anzi, va’ adesso!” - indico le scale.

La madre di Riccardo, prima di morire è stata per due lunghi, devastanti, angoscianti, anni in ospedale.
Così, io e Ricky abbiamo addobbato quella sterile camera di ospedale in svariati modi possibili, per farle sentire l’atmosfera del Natale e poi quella della Pasqua e poi ancora, quella estiva: appendendo un poster del mare dei Caraibi, proprio di fronte al suo letto. A Dicembre, stendemmo un telo di piccole lucine lungo il pavimento, quasi come un tappeto luminoso, un piccolo albero argentato come soprammobile , un presepe sul tavolo da pranzo e appendemmo un buffo Babbo Natale, al muro bianco e apatico. Ricordo gli occhi emozionati e commossi di Lena: aveva qualcosa in viso, che a parole forse, è impossibile da spiegare. Era contente ma anche impaurita : è come se quella donna avesse capito che le restava poco tempo a disposizione ma continuava ad essere grata, per i suoi ultimi meravigliosi giorni.
Un giorno, mi attirò a sè, chiedendomi di comprarle due batuffoli di lana e uncinetti di varie misure, mi chiese di non dirlo a Riccardo e di scegliere la lana di migliore qualità.
Tornai qualche ora dopo, all’insaputa di Riccardo, procurandole tutto il materiale richiesto. Lena era in fin di vita e lo sapeva ma decise che non sarebbe morta prima del compleanno di Ricky: era un giorno troppo importante per morire.
E così, per i restanti dieci giorni, non si staccò per un solo istante da quella lana rossa e bianca, attorcigliandola, ricamandola, unendola.
“Mi dici che piano hai?” - domandai, quando Riccardo ci lasciò da sole in camera.
“Farò dei guanti a mano. Te li darò Sabato pomeriggio e voglio che tu li metta sotto il letto di Riccardo, è li, che ogni anno gli faccio trovare il suo regalo di compleanno: abbiamo questa tradizione da quando è piccolo!” - sussurrò, con gli occhi pieni di lacrime.
Lena quei guanti non riuscì a terminarli, le mani si irrigidirono prima del previsto, chiesi a mia nonna di terminarli per lei.
Riuscì, però, a ricevere un abbraccio da Riccardo, per quel regalo tanto gradito quanto inatteso.
Da allora, a Dicembre di ogni anno, chiedo a mia nonna di lavorare all’uncinetto un paio di guanti e li ripongo sotto il letto di Riccardo, la notte del suo compleanno.
Non sarà il suo odio per me, a cancellargli la memoria di Lena: è stata la sua ultima impresa prima di morire, l’unico obiettivo al quale teneva veramente. Riccardo avrebbe dovuto avere quei guanti: Lena non avrebbe ammesso obiezioni e neanche io.
Così, ho chiesto a Jack di nascondere quel pacchetto nella camera con vista Lago. Non ho pensato a Naomi, a Daisy, a Kim, a Baster: ho pensato a Riccardo e a sua madre e questo mi è bastato per capire quale fosse la scelta più logica, più giusta.
Riccardo ha perso la madre già una volta, non permetterò che la riperda ancora. Non a causa mia. Non per la fine della nostra storia. E se dovesse essere necessario, anche tra dieci anni, chiederò a Jack, di nascondere quel regalo: è qualcosa che va oltre noi, oltre l’odio… è quanto di più simile all’amore ci sia.
Così…prendo a camminare per la baita, dopo un’estenuante notte di lavoro, respiro aria pura mista alla nicotina che lascio entrare lentamente nel mio corpo. Penso a Lena al suo corpo robusto e al suo viso angelico: non aveva i colori scuri e duri di Riccardo: era chiara, quasi limpida. Ricordo le feste a casa di Riccardo e alle lacrime su quel viso angelico, quando giocavamo ai mimi. Ripenso a Pippo… ritengo che la sua chiamata abbia avuto un significato preciso, forse… era il suo modo per chiedermi di fare ancora un ultimo atto d’amore per Riccardo, forse voleva solo che onorassi la memoria di Lena… Ricordo il giorno del funerale di Lena e quelli successivi.
Stamattina mi chiedevo, quante vite possa vivere una donna ferita. Un uomo forse, solo una…Pippo, da quell’incubo, non si mai risvegliato. Nonostante i viaggi, le feste, le serate perse al Karaoke: non è mai davvero risorto da quel dolore.
O forse, non si è mai ripreso da quell’amore, dall’unico amore della sua vita: Lena.

Riccardo è in giardino, a bere il suo ultimo bicchiere di scotch, il suo preferito.
Sostiene che l’ultimo sorso della giornata sia il migliore. Solo in quel momento, tiri le somme, fai i conti con te stesso e pensi: “Sto facendo davvero quello che voglio, della mia vita?” - lo guardo tirare su il suo whiskey, perso nel freddo glaciale del Nord, e mi chiedo se stia rispondendo a quella domanda… E tu, Riccardo, stai davvero facendo ciò che vuoi, della tua vita?
Si accorge della mia presenza, quando raggiungo il patio. Alza il suo sguardo nella mia direzione e noto il viso inondato di lacrime, alza le mani e solo adesso, mi accorgo che ha indossato il regalo per il suo compleanno: ha dei guanti blu e gialli, ricamati all’uncinetto, proprio come quelli di Lena e proprio come allora, piange come un bambino.
“Daisy… “ - sussurra, con difficoltà.
Mi avvicino alla sua sedia, inginocchiandomi dinanzi a lui, gli stringo le mani, sfiorando quella “morbida lana di ottima qualità” che Lena volle per lui e lasciandomi sopraffare dall’emozione, biascico:
“Auguri di buon compleanno!”
Riccardo si alza dalla sedia e sprofonda accanto a me, tra la morbida e soffice neve che avverte che il Natale è alle porta, non ci pensa poi così tanto e agisce: facendo, forse, quello che desiderava da tempo.
Mi abbraccia prepotentemente, lasciando che i nostri corpi si incollino, si mescolino fino a diventare un tutt’uno.
Emette leggeri e disperati singhiozzi, come chi ha tanto da dire ma trattiene il dolore, per paura di esplodere.
Affonda il suo capo, tra la mia spalla ed il mio collo e lievemente sussurra:
“Daisy, mi manca così tanto… Non ho mai sentito la sua mancanza come adesso, forse… forse perchè non ci sei più tu! Daisy…” - sussurra, aggrappandosi al mio petto e lasciandomi scivolare a testa in giù, con il corpo completamente immerso dalla neve.
Afferro il suo viso tra le mani, accarezzo quella lunga barba folta e lineare, prendo a guardarlo dritto negli occhi, e pian piano che le lacrime scorrono su quel viso afflitto, le asciugo, cancellando le tracce di ogni dolore.
“Lei è sempre qui, è nelle tue giornate, è nei tuoi sorrisi ma soprattuto è con te a sopportare il tuo dolore… Lei è qui ed è contenta, perchè il suo regalo è arrivato a destinazione: sotto il tuo letto! Non roviniamole questo momento…”
Riccardo annuisce ad ogni mia parola, singhiozza, si dispera, mi guarda nostalgico, malinconico… prende ad accarezzarmi i capelli, le gote e poi la bocca, strofinando le sue dita sulle mie labbra.
Siamo a Dicembre, nevica, si gela ma a me sembra di essere tornata ad Agosto di qualche mese fa, e proprio come in quella calda estate, proprio come allora: Riccardo affonda nella mia bocca, regalandomi quello che ricorderò per sempre, come il bacio più bello della mia vita. Giocherella con la mia lingua, entra dentro prepotentemente e delicatamente la ritrae, mordendomi le labbra e poi assaporando ogni angolo del mio viso. Manda a puttane tutto: il mondo, Naomi, il suo odio per me, le sue paure, le sue delusioni. Alberga in me ed è come se quello fosse sempre stato il suo posto, senza interruzioni, senza abbandoni, senza lontananze: quella è casa, la casa di sempre.
“Scusami, scusami, scusami…” - ripete, alzandosi di scatto. Lasciandomi divisa tra la gelida neve ed un cuore infuocato.
“Scusami…” - sussurra, dannandosi, per aver appena tradito la sua donna…
“Scusami…”- si asciuga il viso, avviandosi alla porta.
“Stanotte mi mancherai più del solito… stanotte, ti amo più del solito…” conclude.
Entra in casa, frettolosamente, afferrando la bottiglia di whiskey ed il suo sigaro, mezzo acceso…
Guardo la neve scendere dal cielo e poggiarsi sul mio corpo, proprio lì, dove qualche istante fa c’era Riccardo.
E continuo a chiedermi: quante vite può vivere una donna ferita?
Perchè io… io sono appena risorta.

                                                                               Nina Solamente

(Proprietà letteraria riservata ©Copyright Nina Solamente)

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