Autrice: Elle Eloise
Uscita
prevista su Amazon: 7 luglio 2022
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d’acquisto su Amazon: non ancora disponibile
Formati: Cartaceo,
ebook e Kindle Unlimited.
Prezzo ebook: 1,99
euro
Prezzo
cartaceo: non ancora disponibile
Info Cover: progetto grafico
di Catnip Design (www.catnipdesign.it)
Numero pagine: 430 pagine circa
Location: New York (NY), Casco Bay (ME),
Santa Monica (CA), Los Angeles (CA), Rochester (Kent)
Protagonisti: Darren Rush e Ophelia Eagger
Sinossi su Amazon:
RushMore - A stand up comedy romance story
CELEBRITY ROMANCE,
ROMANZO AUTOCONCLUSIVO
«Mi piaci. Ho tentato di negarlo in tutti i
modi ma era come negare l’esistenza del buco dell’ozono. Anche se fingiamo che
non ci sia, i ghiacci continuano a sciogliersi. Il livello degli oceani
continua a salire. Le terre a ritirarsi. Mi sembra una cosa piuttosto
inarrestabile, Big Eyes.»
«Non mi diventerà romantico, Signor Rush?»
«Ci mancherebbe, signorina Eagger.»
Trattenni un sorriso. «Cominciavo a
preoccuparmi.»
NEW YORK - 2017
La misteriosa Ophelia Eagger è fuggita da
Bath, da Londra, da Rochester e infine da Hollywood, dove era l’assistente
personale della star planetaria Chester Mansfield, per approdare nella Grande
Mela. Il suo prossimo cliente? Darren Rush, vittima di se stesso e dei propri
eccessi, famoso stand up comedian all’alba del successo del suo primo show
televisivo, “RushMore”. Dagli inevitabili attriti iniziali alla profonda
amicizia che rischierà più volte di incendiarsi in un’intensa passione il passo
sarà breve. Tra dirette televisive, interviste indiscrete e red carpet, la
giovane britannica e il comico dal cinico umorismo si troveranno al centro dei rumors
della scena newyorkese, che finiranno per rivelare la vera identità
dell’efficientissima Ophelia. Lei e Darren saranno disposti a gettare la maschera per
essere finalmente sinceri l’una con l’altro?
Dopo gli autoconclusivi “Il fuoco che respiro”, “Cosmic
Love”, “Invisible Sun”, “Close to me” e la serie “How to disappear completely”
(“Cuore di inverno”, “Come una tempesta”, “Voci nel vento”, “Fino alle stelle”
e “Bonus Track – Le novelle”), Elle Eloise torna con un’appassionante storia d’amore
ambientata nei chiaroscuri dello showbusiness newyorkese.
Biografia
Elle Eloise è una grande sognatrice e ama la
vita tranquilla e all’aria aperta. È nata a Cuneo nel 1981 e vive in un paesino
vicino a Torino con il marito e la figlia nata da pochi mesi, dove ogni sera
può fare lunghe passeggiate in solitudine, sulle colline e in mezzo al bosco.
Durante il giorno si occupa di sponsorizzazioni di eventi culturali per una
famosa banca italiana, la sera, invece, veste i panni della scrittrice e
appassionata lettrice. Ha scritto la serie “How to disappear completely”, di
cui fanno parte “Cuore d’inverno”, “Come una tempesta”, “Voci nel vento”, “Fino
alle stelle” e la raccolta di novelle “Bonus Track”. È l’autrice dei romanzi
autoconclusivi “Close to me”, “Invisibile Sun”, “Cosmic Love”, “Il fuoco che
respiro” e “RushMore” e di uno dei racconti della raccolta natalizia “Let it
snow”, scritta insieme alle amiche Vera Demes e Paola Garbarino, con le quali
ha fondato un gruppo Facebook chiamato “Il Club delle scrittrici e delle
lettrici”. La sua pagina Facebook si chiama “Elle Eloise e le sue storie”.
Contatti:
Pagina
autrice Amazon: https://www.amazon.it/Elle-Eloise/e/B01N1HYIXQ/
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autrice FB: https://www.facebook.com/elleeloiseauthor/
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Instagram: https://www.instagram.com/elle.eloise/
Curiosità/Riflessioni (presenti nei ringraziamenti del libro)
RushMore ha avuto una gestazione a due
“ondate”, per usare un termine molto caro in questi tempi di Pandemia. La prima
ondata mi ha travolta nel 2020… Darren e Ophelia mi avevano accompagnata fin
quasi alla prima metà del romanzo. Ma con l’insorgere della Pandemia e i vari
lockdown ho messo in stand by il progetto, perché ero psicologicamente meno
propensa alla risata, alla leggerezza, all’evasione. Inoltre, non ero pronta ad
affrontare l’annoso ostacolo dei monologhi comici. Poi, dopo Il fuoco che
respiro, romanzo dall’atmosfera tutto sommato un po’ triste e nostalgica, mi è
tornata la voglia (o la necessità) di ridere, di ritrovare un po’ di
spensieratezza. Chi meglio di Darren e Ophelia potevano aiutarmi in questo? Ho
riaperto quel vecchio file rimasto abbandonato per troppo tempo e, dopo averlo
riletto, sono rimasta folgorata dalle infinite potenzialità che una storia
ambientata nel mondo dello showbusiness potesse regalarmi. E più scrivevo, più
si aprivano sentieri nascosti verso sottotrame che stimolavano la mia curiosità
e fantasia. Ho attinto da vari fatti di cronaca, a partire dal caso delle
ginnaste americane molestate dall’ex medico della Nazionale Usa Larry Nassar,
per continuare con il caso Weinstein, il produttore cinematografico incriminato
per violenza sessuale da molte donne nel mondo dello spettacolo statunitense,
fino al movimento del #metoo, che, al di là delle critiche sul metodo, più o
meno sensate, non si può negare il fatto
di aver contribuito a portare alla luce la necessità di un restyling culturale,
con un’attenzione particolare alle discriminazioni di genere nel mondo dello
spettacolo e non solo. Oltre a questi spunti, mi sono ispirata ad alcuni comici
che avevano la fama di essere depressi fuori dal palco. Ho pensato che la
maschera di uno stand up comedian possa essere davvero logorante per l’attore
che la indossa. Ho pensato al suicidio di Robin Williams, ho pensato a Woody
Allen o a Jim Carrey. A David Letterman e ai suoi problemi di alcolismo. A John
Belushi morto a 33 anni per un mix di cocaina ed eroina. Mi sono ispirata anche
a Lenny Bruce, comico americano attivo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, morto
a quarant’anni per overdose di morfina e personaggio la cui storia ha ispirato
il Lenny Bruce di Marvellous Mrs Maisel, frizzante e intelligente serie tv su
una donna ebrea che alla fine degli anni Cinquanta lascia il marito fedifrago
per dedicarsi a una carriera da stand up comedian.
Insomma, la storia della comicità
statunitense e dei retroscena dei vari Saturday Night Live è stata sicuramente
un piatto ricchissimo da cui attingere.
Avevo bisogno di questa storia un po’
diversa, avevo bisogno di uscire dalla mia comfort zone, avevo bisogno di
Darren e Ophelia per alleggerirmi senza diventare superficiale, per mostrare le
luci accecanti dei riflettori e il buio delle quinte. Mi piaceva descrivere
questi passaggi continui tra il buio e la luce, tra il momento goliardico, con
dialoghi quasi da chick-lit, e quello in cui si affrontavano tematiche serie,
come la dipendenza e gli eccessi, le molestie sessuali sui minori e la
discriminazione delle donne e delle minoranze. Mi piaceva l’idea di mostrare
questa “New York Babilonia” dove al successo e alla fama si chiede sempre uno
scotto da pagare.
Con questa creta di chiaroscuri mi sono
ritrovata a plasmare i personaggi di Darren e Ophelia, entrambi abituati a
portare (e sopportare) una maschera che hanno scelto o che si sono ritrovati a
indossare loro malgrado. Due protagonisti imperfetti, contraddittori,
complicati come qualunque essere umano.
Colonna sonora su Spotify: Per chi volesse godersi il viaggio musicale insieme a Mac e Connor può
trovare la loro colonna sonora su Spotify: https://tinyurl.com/4n3mkvaa
Smile, Nat King Cole
Ain’t No Mountain High Enough,
Marvin Gaye e Tammi Terrell
Uptight, Stevie Wonder.
Signed, Sealed, Delivered, Stevie
Wonder
Down and Out in New York City,
James Brown
Land of 1000 Dances,
Wilson Pickett
Respect, Aretha
Franklyn
For Once in My Life,
Stevie Wonder
Don’t Stop Me Now,
Queen.
Blame it on the Boogie,
The Jacksons
September,
Earth, Wind & Fire
It Never Rains in Southern California, Albert
Hammond
Ex Factor,
Lauren Hill
Uptown Funk, Bruno
Mars
Too Young to Die,
Jamiroquai
It’s My Party,
Lesley Gore
You Can’t Hurry Love,
The Supremes
Some Unholy War,
Amy Whinehouse
It’s A Man’s, Man’s, Man’s World,
James Brown
The Shoop Shoop Song,
Cher
The Seed, The Roots
I Got You Babe,
Sonny & Cher
(Sittin’ On) the Dock of the Bay,
Otis Redding
Try a Little Tenderness,
Otis Redding
Doo Wop (That Thing),
Lauren Hill
Rehab, Amy Whinehouse
I Never Loved a Man (The Way I Love You),
Aretha Franklyn
Estratti
Ti piace la comicità, Ophelia? O con
questo nome sei più una da dramma Shakespeariano?»
«Non sono pratica di comicità a dire il
vero, ma imparerò.»
La osservai dal basso della mia posizione,
anche se in realtà era più bassa di me di almeno venticinque centimetri.
Osservata da quaggiù, più che a Mary Poppins forse assomigliava a uno dei
quadri di Margareth Keane, quelle inquietanti bambine con gli occhi
giganteschi. Come si chiamava quel film di Tim Burton? Big Eyes.
«Non tutto si può imparare.»
«Ci posso provare, di solito mi riesce.»
C’era davvero qualcosa di terrificante in
quella faccia e quelle ciglia che si allungavano verso di me come le ali di un
corvo pronte a sbattermi addosso.
«Non ho potuto non notare che non hai riso
a nemmeno una delle mie battute. È perché non sei pratica di comicità o hai una
paresi facciale?»
Si schiarì la gola, innervosita. «Posso
essere davvero onesta?»
«Devi!»
«Decisamente, ho una paresi facciale. Mi
impedisce di ridere se una cosa non mi fa ridere, soprattutto se pronunciata da
un uomo che ha nelle vene più alcool che sangue. Più che divertita sono
preoccupata che tu dia di stomaco in diretta nazionale, mi spiego?»
Aprii la bocca ma la richiusi, trattenendo
un insulto.
«Potresti lasciarci soli un momento, Ophelia?» domandai forzando il tono sul
suo nome.
«Certamente, Darren. Vi lascio ai vostri virilissimi discorsi d’affari. Io vado
a ricamare di là con le altre donzelle.»
Big
Eyes alzò un pollice e indicò l’uscita, allontanandosi
all’indietro per un paio di passi. Poi si voltò e sparì dalla mia vista.
Indicai la porta chiusa,
prima di sbraitare contro il mio manager: «Dammi la forza Sid, perché non credo
di essere abbastanza ebreo per sopportare anche quella lì!»
Fummo interrotti ancora da Miranda che,
finalmente vestita con uno straccetto luccicante alquanto audace, marciò verso
di me con i suoi tacchi a spillo.
«Ciao, cucciolo.» Altri due metri
di lingua in bocca. «Ti lascio questo come ricordo, me l’hai strappato.» Mi
infilò in mano un rimasuglio di tanga di pizzo nero con inserti rossi. Poi se
ne andò, mentre io cercavo in tutti i modi di non mettermi a ridere per la
faccia che stava mostrando Ophelia.
Fui io a ignorarla questa volta. «Ti hanno
già mandato le domande?»
«Le ha Tina, dovrebbe chiamarti oggi
pomeriggio per concordare una linea di difesa.»
«Perché una linea di difesa?»
«Perché si parlerà del tuo argomento
preferito.»
Corrugai la fronte. «E cioè?»
«Mammifero maschio con due palle al posto
di un cervello, incontra mammifero femmina...»
Le lanciai lo scampolo di mutanda dritto
sulla fronte.
«Bleah!» si lamentò, rilanciandomelo
indietro.
Gli feci fare un altro volo nella sua
direzione, ma questa volta il tanga atterrò sul tavolo.
«Oggi pomeriggio fai un salto da
Victoria’s Secret e comprale tre o quattro completi… “un po’ porno”!» Mi stavo
divertendo troppo a metterla in difficoltà.
«Un po’ che?!»
Dovevo mordermi la lingua per non ridere.
«Lo sai… un po’ da porca, qualcosa che attizzi.»
Ophelia si alzò dallo
sgabello, si avvicinò a un cassetto, tirò fuori una penna e una busta di
plastica per alimenti con la chiusura ermetica.
Con la penna inforcò quel relitto di pizzo, lo sollevò trattenendo a
stento una smorfia di disgusto e, senza osare toccarlo, lo fece scivolare
dentro la bustina trasparente come se fosse il prezioso indizio di un’indagine
di cui io ero di sicuro il colpevole.
«Apri sempre la porta mezza nuda?» domandai
scansandola dalla soglia per entrare nel suo microscopico appartamento. «E se
fossi stato il tuo vicino maniaco?» Indicai le sue gambe scoperte sotto una
t-shirt extralarge con la faccia di Paperino.
«Per fortuna è solo il mio capo maniaco!» Si
stropicciò gli occhi, cercando di svegliarsi. «Si può sapere che succede? Non
dirmi che è per il contratto con Armani perché l’ho mandato firmato ieri
mattina a quella segretaria con la faccia da topo. Elsa o Eliza…qualcosa… Non può essere per quello,
guarda sono sicura! O è per l’intervista con Jerry Peppard? Sei preoccupato? Io
ho confermato la tua presenza l’altro giorno, mi hanno già mandato i biglietti
per Los Angeles e l’albergo. Mi sembra di aver fatto tutto, io non…capisco…
cosa…»
Fui costretto a tapparle la bocca con una
mano, appiccicandola al muro, tenendola dalla nuca con l’altra mano. «Ho
bisogno che tu riavvii il sistema Big Eyes, ti sei impallata come Windows 10.»
Sfarfallò le palpebre, poi cominciò a
mugugnare qualcosa.
«Come dici? Starai zitta e mi farai
spiegare il motivo della mia visita la domenica mattina?»
Lei tentennò, poi si arrese e annuì, la
bocca sempre tappata dalla mia mano.
«Brava bambina. Ora…» La lasciai andare. «Ti va di guadagnare duecento dollari per la giornata di
lavoro extra?»
«Cosa
dobbiamo fare, scusa?»
«Avevo
un appuntamento con il mio amico Oliver. Ti ricordi il proprietario del negozio
di dischi a Manhattan?» Quello che ci
aveva provato con te quando ancora non mi ero reso conto di esserne vagamente
geloso. «Avevamo un impegno per oggi, ma lui mi ha appena chiamato con
l’influenza. Così ho deciso che verrai con me. Forza, vai a vestirti.»
Non
volevo lasciarle spazio di manovra, dovevo inchiodarla al muro, come se l’idea
di farmi compagnia di domenica fosse un atto scontato, quasi dovuto. Se ci
avessi pensato prima lo avrei fatto scrivere sul contratto. “La controparte si
impegna a rendersi disponibile per impegni imprevisti, anche di carattere
personale, nei giorni feriali e nelle ore notturne”. Soprattutto nelle ore notturne
e per attività extracurricolari che includono svariati incontri ravvicinati tra
un mammifero di genere maschile di nome Darren e un mammifero di genere
femminile di nome Ophelia.
Sì,
la mia gelosia nei confronti di Simoneilsocialmediacoso, dopo averlo sorpreso a
toccare di nuovo il collo della mia assistente subito dopo la diretta di
RushMore quell’ultimo venerdì di luglio, aveva generato nel mio cervello una
sorta di blackout.
Tuttavia,
la mia Ophelia non sembrava del tutto propensa a farsi comandare anche nel suo
giorno libero.
«E
se io avessi un impegno?»
«Tu
non hai nessun impegno. Tu vivi per il lavoro.»
«Ti
assicuro, signor Rush, che non vivo per prepararti la colazione e per comprare
completini un po’ porno…» Mimò le
virgolette con le dita. «da Victoria’s Secret per quelle povere menomate che tu
chiami amanti. Ho degli obiettivi, io!»
«Quali?
Diventare una delle mie povere amanti menomate?»
Forzò
una risata. «Continua a sfottere, ma a me l’unica cosa che fa ridere qui è che
tu debba pagare una persona trecento dollari per farti compagnia di domenica.»
«Veramente
ho detto duecento.»
«Come
dici? Sì sì, ho capito bene...» alzò la voce portando la mano all’orecchio,
come se dovesse superare una barriera uditiva per sentire le mie parole.
«Trecento.»
«Duecentocinquanta,
Big Eyes, e non tirare la corda.»
«Ehm… dunque…prossima domanda. Per la
nomination al People Choice Awards, devo prenotare il volo per Santa Monica.
Chi vuoi laggiù con te? Pensavo a Zimmerman e a Tina dell’ufficio stampa, forse
Simon… non so se tu… ecco se tu voglia che ci sia anch’io.»
Mi infilai i boxer e la maglietta e poi la
guardai attraverso lo specchio: aveva ancora quel ridicolo taccuino davanti
alla faccia.
«Prenota per tutti, certo che voglio che
tu ci sia.» Indossai velocemente i jeans. «Puoi togliere il paravento, Big
Eyes.»
Mi sedetti sul bordo della vasca accanto a
lei, per infilare i calzini e le scarpe da ginnastica, ma non riuscivo a
togliermi dalla testa la sua domanda. «Perché diavolo pensavi che non ti
volessi a Santa Monica? Sei la mia assistente.»
«Ho preferito chiedere. Non credo sia
necessaria la mia presenza in effetti, sarai coccolato per tutto il tempo e
avrai un’assistente della E! Entertainment.»
«Cosa mi stai nascondendo, Big Eyes?»
La vidi sbiancare, letteralmente. Pensai
che stesse per svenire da un momento all’altro.
«Ma nulla, mi spiaceva far spendere soldi
inutilmente. Tutto qui.»
«Quindi sabato sera festa da mia madre e
domenica mattina partiamo per Santa Monica?»
«Esatto.»
Mi allontanai, in cerca della mia felpa e
del cappotto. Attesi che lei si infilasse la giacca a sua volta e poi la
sospinsi fuori dal camerino. Salutammo il personale ancora presente nei
corridoi, e ci avviammo verso l’uscita laterale della NBC, dove Rick ci
aspettava in macchina.
Dopo esser saliti entrambi dalle portiere
posteriori, lei tirò nuovamente fuori i suoi appunti.
«L’aereo delle otto ti va bene? Una
macchina verrà a prenderci all’aeroporto e ci scorterà in Hotel.»
«Quale Hotel?»
Affondò gli occhi tra i fogli della sua
voluminosissima agenda, prima di rispondere: «Tu sarai all’Oceana. Noi non so
ancora.»
«Prenota all’Oceana anche tu.»
Sogghignò, guardandomi storto. «Darren, ma
sono seicento dollari a notte, non posso stare all’Oceana!»
«Cristo Santo, ma cosa sono oggi tutte
queste remore per le spese?»
«Non posso mettermi all’Oceana con te e
mandare Sid, Tina e Simon in un altro!»
«Quante storie, allora mettetevi tutti
all’Oceana. Oppure metti me nell’hotel dove starai tu. Voglio la mia assistente
vicino in quei giorni, è tanto difficile da capire?» mi innervosii.
Aprì la bocca sconcertata, poi la
richiuse. Tornò a scarabocchiare qualcosa nella sua agenda. «Va bene, troverò
una soluzione.»
«Grazie!»
«Hai un appuntamento con l’entourage di
Valentino, per la serata a Santa Monica. Per la prova dell’abito. Ehm…
mercoledì.»
«Me l’hai già detto.»
«Te l’ho già detto?»
Per la prima volta da quando la conoscevo,
Ophelia mi sembrava spaesata.
«Ieri a pranzo e l’altro ieri a
colazione.»
«Oh, ok allora. Dove ero rimasta?»
«Big Eyes, ma non hai un interruttore
sotto tutti quei vestiti? Come ti spegni?»
Si picchiettò la tempia con il fondo della
penna, deconcentrata per qualcosa. «Ti prego, un’ultima cosa che…»
«Non voglio che porti Simon alla festa!»
sputai fuori, come un boccone indigesto. Mi era rimasto in gola troppo tempo.
«Come?»
«Alla festa di mia madre. Non voglio che
porti Simon.»
«Oh…ehm… posso chiederti perché?»
«Perché non voglio che diventi una serata
di lavoro.»
Annuì, socchiudendo gli occhi e riprendendo
la lista di cose da chiedermi.
«Hai ragione. Dirò a tua madre che ho un
impegno.»
«No, tu vieni. Ma non
voglio altri. Solo tu.»
«C’era posto per tutti e quattro»
borbottai attraversando l’immensa suite che la produzione mi aveva concesso.
«Ma che dico? C’era posto persino per i figli di Sid e Tina!»
«Ti piace?»
«Sarei un coglione a dire di no.» Diedi la
mancia al fattorino, il quale ringraziò per poi lasciarci soli.
Andai dritto al minibar.
«Darren, ti prego…»
«Ah quindi adesso mi parli.» Aprii una
mini-bottiglietta di vodka.
Ophelia mi rubò la bottiglietta dalle mani
e mi lanciò un’occhiata arcigna. «Ma insomma che cazzo ti prende? Questi giorni
forse saranno tra i più importanti della tua vita, vuoi davvero ricevere quel
premio da ubriaco?»
«Non vincerò, lo show è troppo giovane.»
«E questo ti dà il diritto di bere in ogni
minuto?»
«Sono io che mi do il diritto di bere in
ogni minuto, Big Eyes» risposi divertito, afferrando la bottiglietta dalla sua
mano e allontanandola dalla sua portata.
Eravamo vicinissimi, praticamente
attaccati, solo che il suo mento arrivava ai miei pettorali.
«Darren per favore.» Per la prima volta
sembrava realmente disperata. Più io sollevavo il braccio in alto, più lei
cercava di levarsi sulle punte per prendermela. Era ridicola, ma mi fece anche
tenerezza, fino a che la sua mano non si aggrappò alla mia felpa per provare ad
allungarsi di più. Dal momento che era tutta concentrata su altro,
probabilmente non si rese conto che a un certo punto le sue labbra erano quasi
vicine alle mie. Inalai il suo profumo dolce, vergognandomene subito. Fui
costretto a ricattarla per mettere fine a quella lotta.
«Se io smetto di bere in questi giorni, tu
mi prometti che stasera, dopo le interviste, conferenze stampa, set fotografici
e tutte le stronzate che ho in programma, troviamo il modo di parlare del
motivo che ti ha spinta a fuggire da Hollywood?»
Vacillò, quasi tentata dal rinunciare alla
sua missione “salviamo Darren da se stesso”.
Eppure, non lo fece nemmeno quella volta.
«Va bene, maledizione!»
Mi faceva ridere il suo elegante modo di
imprecare all’inglese.
Le consegnai la vodka mettendo fine a
quell’involontario supplizio erotico. Non potevo ammettere che la sua vicinanza
aveva stimolato non poco le mie parti basse.
«Benissimo, allora. Direi che è tutto a
posto qui.»
«Oh no, col cavolo bello mio.» La vidi
marciare verso il minibar e sedersi a gambe incrociate proprio lì davanti.
«Che stai facendo?»
«L’inventario!» rispose controllando le
bottigliette una ad una e digitando in modo nervoso sul cellulare.
«Big Eyes, sai bene che non puoi
controllarmi in questo modo. Potrei scolarmi l’intero bancone di un bar mentre
dormi nell’hotel proprio qui di fronte, e non verresti mai a saperlo.»
«Ti sembrerà strano Darren, ma ci
accorgiamo quando sei ubriaco. Se ne accorgono tutti e le voci stanno
cominciando a circolare. Inoltre...» si voltò indietro, lanciandomi uno sguardo
indagatore. «Ti stai arrotondando lievemente sul basso addome.»
Terrorizzato, piegai la testa e mi tastai
subito il ventre, perfettamente piatto.
«Ah…beata vanità, Mr sesto
uomo più sexy 2017!» sogghignò
tornando alla sua attività.
«Non hai mai pensato di
trovare una vera fidanzata?»
«Perché?
Vuoi propormi una lista di candidate? Non sono un buon partito, nel caso non te
ne fossi accorta.»
«No,
infatti, conduttore di successo, intelligente, miliardario, sesto uomo più sexy
del mondo… sarei in seria difficoltà a trovarti una compagna per la vita»
ironizzò, facendomi ridere.
«Alcolizzato,
cocainomane, depresso, autolesionista e pure stronzo» conclusi per lei.
«Non
sei così stronzo quando non bevi. Oggi sei stato quasi simpatico.»
«Addirittura?»
Mi
rispose con un sorriso, sdraiandosi sul suo divanetto, rilassandosi al chiaro
di luna.
«Perché
sei fuggita da Hollywood, Ophelia?»
Mentre si muoveva su di me emettendo dei
gemiti senza più remore, io le strinsi i capelli in un pugno e le baciai il
collo, mi spinsi giù, oltre la clavicola. Succhiai la pelle, sopra il seno, fin
quasi a morderla.
«No, Darren, il succhiotto no,
maledizione!»
«Oh, maledizione…
un succhiotto!» la presi in giro imitando il suo accento inglese, squittendo in
falsetto.
Si lamentò divincolandosi, ma io la tenevo
troppo stretta per permetterle di allontanarsi. L’avrei marchiata. Fine della
storia.
«Sei mia finché avrai questo.» accarezzai
il segno che le avevo lasciato sulla pelle, sotto la clavicola.
«Cosa?»
«Non voglio che tu vada con altri finché
avrai questo.» Le sfiorai il succhiotto con le labbra.
Ridacchiò. «Ma che stronzo, bastava
chiedere senza lasciarmi segni… come faccio col vestito di domani?»
«Dirai che ti sei scottata con la piastra
per capelli!»
«E questa dove l’hai imparata? Con le tue
modelle curvy?»
«Mai lasciato succhiotti in giro… solo a
mia moglie.»
Non avrei mai segnato il
corpo di una donna che non avrei rivisto il giorno dopo. Questo gesto mi fece
capire che Ophelia era una cosa completamente diversa.
«Una famiglia di sole donne...» commentò,
in sovrappensiero.
«Sì, non faresti una bella fine lì in
mezzo.»
«Scherzi? Le donne mi amano.»
Scoppiai a ridere. «Le donne ti detestano,
almeno quelle dotate di cervello. Quelle in grado di giudicare come misogini i
tuoi numeri comici.»
«Solo chi si ferma in superficie giudica
misogini i miei monologhi. Io parlo male di tutti, la regola d’oro per non
farsi odiare da nessuno. Faccio battute sulle donne, così come faccio battute
sugli ebrei!»
«Vero» dovetti convenire con lui.
«E poi tu non mi detesti, Big Eyes.»
«Hai ragione. Infatti, non ho mai brillato
per intelligenza.»
Rise, stringendomi più forte, inspirando
il mio profumo, come se volesse tatuarselo nel cervello.
«Fai tutto ciò che serve, ma Ophelia...»
«Sì?»
Mi lanciò uno sguardo
serio. «Torna.»
Gettai la sigaretta e mi avvicinai parco,
cercando di non spaventarla. «Allora non sparire, Big Eyes.» Le strinsi i
fianchi e la feci avvicinare a me. La baciai lentamente, gustandomi il suo
sapore e toccando le sinuose forme del suo corpo contro il mio. Poi
l’abbracciai, respirando i suoi capelli. Potevo contarmela finché avessi
voluto, ma questa non era una relazione basata solo sul sesso. I giorni senza
di lei mi avevano fatto capire quanto ne avessi bisogno, non solo professionalmente.
La volevo nella mia vita, anche se non sapevo bene in che modo.
«Darren» mormorò contro il mio petto. «Sei
davvero venuto fino a Rochester per me? Non è un sogno, vero?»
«Se lo è, è il sogno di entrambi.» Le
presi il viso e ne baciai ogni parte.
«Che stiamo facendo?» bisbigliò tra un
bacio e l’altro.
«Nessuna idea in proposito, Big Eyes, ma
mi piace. Ti basta come risposta per adesso?» La allontanai per guardarla negli
occhi.
«Cercherò di farmela bastare» rispose
riattaccandosi alla mia bocca. «Ma te lo dico, mi tremano le gambe.»
«Ti tengo io, Big Eyes.»
«Ci vuole una persona solida per reggerne
un’altra, Darren.»
La allontanai ancora per guardarla. Stava
parlando delle mie dipendenze, dei miei eccessi. Potevo rinunciarci per
lei?
«Ci proverò, un po’ alla volta.» La baciai
ancora e ancora.
«Mi farai cadere.»
«Cadrò anch’io. Cadremo
insieme e ci rialzeremo.»
«Non voglio che tu sparisca dalla mia
vita. Se non possiamo o non vogliamo stare insieme va bene. Ma continua a
lavorare per me. Stai dove io posso vederti, ok?»
Annuii senza riuscire a
emettere un fiato. Avvertii gli occhi farsi lucidi, non avevo mai provato
questa sensazione, quella di non essere un peso da trascinare come ero stata
per la mia famiglia. Lui mi voleva con sé. Nella sua vita. Come amica o come
amante o come assistente, lui mi voleva con sé. Non era una dichiarazione
d’amore, certo. Ma era comunque una dichiarazione, che in realtà valeva molto
di più. Perché mi avrebbe voluta in ogni caso, anche se non fosse stato
innamorato di me. Era più che amore dal mio punto di vista. Era una vita
insieme. Era destino.
«Non mi diventerà
romantico, Signor Rush?»
«Ci mancherebbe,
signorina Eagger.»
Sorrisi.
«Cominciavo a preoccuparmi.»
No, forse non avevo alcun
diritto di pensare in questi termini, come se avessimo tutto il tempo del
mondo, ma ormai sapevo di essere
perduta. Lo sapeva anche
lui, che muoveva il mio corpo come se fosse il suo strumento. Toccandomi e
baciandomi nei punti giusti,
quelli che sapeva essere
di sua proprietà. Così, quando mi fece chinare su di lui, gli sporsi la gola in
modo che lui potesse morderne la
base, vicino alla
clavicola. Succhiò la pelle a lungo e mi baciò.
«Sei uno stronzo»
ansimai.
«E tu sei mia.»
Raggiungemmo insieme
l’orgasmo, stringendoci come se dovessimo entrare l’uno nella pelle dell’altra.
Se mi avesse fatto del
male non sarei sopravvissuta.
Non a Darren Rush.
«Chiedimi scusa» esordii
con rabbia, alle sue spalle. La afferrai per un braccio e la feci voltare verso
di me.
«Cosa?»
«Non puoi trattarmi
così.»
«Io non...»
La strattonai, perché mi
lasciasse finire di parlare.
«Ma cosa credi? Che
perché sono un personaggio pubblico non sia in grado di soffrire anch’io? Credi
davvero che non abbia un cuore
capace di spappolarsi con
un tuo solo gesto, una tua parola detta male?» sibilai, inferocito. «Sono un
comico, non un cazzo di robot!»
«Lasciami!» cercava di
divincolarsi dalla mia stretta che si faceva sempre più implacabile sul suo
braccio.
«E va bene, ti lascio
libera» la spinsi indietro, liberandola dalla morsa delle mie dita. «Non sia
mai che tu creda che ti voglia incatenare
a me con la forza. Sei
libera di andartene a ‘fanculo dalla mia vita, Ophelia Eagger o Clayton o come
diavolo ti chiami.»
Arrivarono
finalmente anche le sue lacrime, che in quel momento erano per me meglio di un
bicchiere di bourbon. Piangi Big Eyes,
piangi.
Fammi vedere come sanguini. Fammi vedere che mi ami quanto ti amo io.
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