TRAMA:
La Guerra ci aveva
strappato le nostre inutili certezze, la sua fame vorace non aveva fatto
distinzioni. Ci aveva lasciati mozzi, inorriditi sulle macerie del nostro
grande impero e tuttavia vittoriosi.
Il mondo dorato in
cui vivevo non era che un guscio inconsistente che svelava le sue crepe. Vedevo
quelle persone in pezzi e sapevo come aggiustarle.
Per Lord Nicolas
Stanford, avevo un cervello fatto di viti e ingranaggi e forse lo era anche il
mio cuore. Guardavo un oggetto inanimato e la mia mente era in grado di
immaginare il meccanismo che l’avrebbe fatto muovere. Ero un’inventrice sul
libro paga del signor Holmberg, l’uomo che aveva inventato le macchine in grado
di sconfiggere i nostri invasori e vincere la Guerra. Egli sembrava
comprendermi come nessuno al mondo e guardava con orgoglio al mio lavoro e alle
mie aspirazioni.
Lui e Nicolas erano
come il giorno e la notte ma io sapevo che avevano un segreto. Erano legati da
una passione indicibile. L’avevo vista bruciare e quel fuoco sembrava lambirmi
con le sue dita seducenti.
Presa in quel
vortice non mi restava che cercare di non cadere come una falena sulla fiamma.
Per quanto mi
dibattessi e lottassi, le pareti della mia gabbia dorata erano sempre pronte a
chiudersi.
Non l’avrei
permesso.
Avevo uno scopo, ero
pronta per il futuro.
Estratto 1
Respira.
Gonfia il petto,
senti le stecche del corsetto che stringono la gabbia toracica imprimendosi
nella pelle e poi lascia.
Inspira, espira.
Ripeti.
Inspira, Minerve.
Riempi i polmoni,
senti le stecche entrare nella pelle.
Senti le pareti
della tua gabbia.
Prendi le misure.
Estratto 2
«Non farlo. Non
chiedermelo ancora,» sussurrai. Sentii la mia voce roca che grattava appena lo
strato di disperazione che lo avvolgeva. E ancora soffrii per lui, perché
sapevo che nonostante i privilegi quel suo mondo dorato lo stava inghiottendo.
Annuì, e forse per la prima volta vidi qualcosa di simile alla rassegnazione in
fondo al suo sguardo.
Quando si avvicinò,
non indietreggiai. Quando allungò le braccia per trarmi a sé, lo lasciai fare.
Mi sentivo improvvisamente svuotata. Come se mi fossi strappata di dosso una
coperta calda nel pieno dell’inverno e mi sentissi fredda e pronta a rompermi
in mille pezzi.
Attonita.
Lasciai che mi
circondasse la nuca con le dita, che mi sollevasse il mento e posasse la sua
bocca sulla mia. Appoggiai i palmi sudati delle mani sui risvolti della sua
giacca mentre Nicolas mi posava piccoli baci umidi sulle labbra. Inspirai il
suo gemito e la mente mi si riempì di quel suono. Sussultai appena nel momento
in cui sentii la sua lingua saggiare la linea delle mie labbra e una sensazione
nuova ed esaltante mi colpì nel ventre. Mi aprii a quel bacio audace seguendo
un istinto quasi primordiale, una spinta assoluta che non mi presi il disturbo
di domare o comprendere.
Lo lasciai entrare, pensando che l’indomani avrei trovato un modo per ricacciarlo ancora, faticosamente, indietro.
Estratto 3
Sentii i suoi occhi
addosso con un’insistenza quasi palpabile, nel crepuscolo sembravano lisci e
luminosi come quelli di un cervo. Infiniti e torbidi. Per qualche motivo mi
sentii in imbarazzo così come ero, appesa al braccio solido di Holmberg.
Improvvisamente, mi sembrava sbagliato. Qualcosa che non avrei dovuto fare, non
sotto lo sguardo di Nicolas. Provai ad allontanarmi dal mio datore di lavoro,
ma lui non me lo permise.
Nic posò il suo bicchiere su un davanzale di pietra, poi, senza toglierci gli occhi di dosso, si frugò nelle tasche per tirare fuori una scatola di fiammiferi e un paio di sigari sottili. Ne porse uno a Holmberg, dopo, con un gesto fluido e sicuramente studiato, sfregò il cerino sulla scatola e accese il proprio sigaro. La fiamma che sfrigolava così vicina al suo volto lo fece apparire di una bellezza luciferina. Sembrava di umore quieto e assorto, e la cosa non faceva presagire nulla di buono. Si staccò il sigaro dalle labbra e me lo avvicinò alla bocca.
Istintivamente schiusi le labbra e quando lui vi appoggiò l’estremità del sigaro, la sentii appena umida della sua saliva. Aspirai una piccola boccata di fumo mentre gli occhi di entrambi gli uomini si fissavano sulla mia bocca. Espirai con il cuore che galoppava in gola e il ventre contratto da piccole scariche di eccitazione. Quel gesto mi parve così erotico che dovetti trattenere un gemito. Il mio corpo si era fatto caldo e liquido, ipersensibile. Sentii il fianco di Holmberg più vicino, un muro solido e rovente, un contrasto netto con il colore glaciale dei suoi occhi quando arrischiai uno sguardo verso di lui. Nicolas mi sorrise ma c’era un che di spietato nella piega delle sue labbra.
Estratto 4
Inspirai, ero
incredibilmente calma. Come se improvvisamente ogni cosa fosse esattamente dove
doveva essere. E se c’era una cosa che sapevo riconoscere al volo, in modo
viscerale, era quando ogni ingranaggio si incastrava alla perfezione.
«Così è perfetto.»
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