RECENSIONE: Will Shakespeare, la tua volontà + Shall i die? di Cinzia Pagliara



Titolo: Will Shakespeare, la tua volontà + Shall i die?

Autrice: Cinzia Pagliara

Editore: Edizioni Haiku

Genere: Classici

Data di pubblicazione: 6 ottobre 2018

Romanzo: Autoconclusivo

Formato: Ebook 4,99 euro

Cartaceo 10,26 Euro

 

TRAMA

William, infinitamente studiato e dibattuto, autore controverso e affascinante per antonomasia, inglese ma forse siciliano, ritenuto troppo colto per non aver studiato in una delle facoltà degli University Wits (ci sarà mica lo zampino di Marlowe così misteriosamente scomparso?). William, dicevamo, invidiato e negato ma soprattutto universalmente amato. Ritroviamo in questo volume tutta la sua forza attraverso un inedito componimento (attribuito) contraddistinto dalla musicalità, dall'intreccio di rime, dal ritmo che rende meraviglioso anche il termine più consueto. Un puro inno alla bellezza introdotto da un'insolita pièce, un discorso drammaturgico monologico, eppure polifonico.

 

RECENSIONE

William Shakespeare è stato forse l’autore più studiato nelle scuole durante le ore di letteratura inglese, è stato citato da tantissimi altri autori e dal teatro antico e contemporaneo. È un evergreen, un must letterario.

L’autrice ci riporta indietro nel tempo, a quando Ofelia giaceva nel lago, con il suo braccio ben disteso, quasi tenera come la protagonista di Romeo e Giulietta, nella quale l’autrice dell’opera in questione si sente di riserbare tutta la sua intima conoscenza di sé, perché Giulietta sì muore, ma deve essere soprattutto ascoltata.

Abbiamo di fronte una pièce teatrale che commuove, fa sorridere dolcemente e istruisce sui temi attuali, quali il femminicidio così distruttivo e dolente, per esempio si cita la natura ovvero il salice piangente, quindi la tristezza di fronte alla realtà della morte di Desdemona.

“Io non lo sapevo, non ancora. Io parlavo con il cuscino e con la porta. E avevo paura del buio. Ma questo era una vita fa: poi sono diventata grande.”

Amore e morte, un dualismo perfetto, che coincide con il rapporto infanzia - età adulta, molto cari a mio avviso alla scrittrice. E si ripercorrono così le tappe più salienti, i ricordi di una vita in cui il buio faceva paura, l’epilessia contornava le giornate così come le auree della gente, quella luce che di mistico non ha niente ma che anzi sembra far sprofondare in un’amara inquietudine di matrice sempre artistica.

Will, volontà. Will, amico e quasi consorte. C’è sempre stato e sempre ci sarà. Se poi Romeo ha deciso davvero di varcare il muro, per arrivare da Giulietta, un motivo affinché l’amore sia decantato in maniera pura e altruista ci dovrà pur essere, no?

Un monologo polifonico, così assurdamente bello, narrato in prima persona e solitario, ma nonostante la sua ‘clausura morale’ riesce a esternare tutto lo spettacolo del mondo, riesce a far parlare di sé, e anche di William. Ma benché l’aspetto teorico e pratico dell’amore e della morte siano coesistenti, sembra che quello stesso muro che separa Giulietta da Romeo, sia stato eretto e poi sbrindellato come un vestito ormai lercio di cui non si sa più cosa farne.

Un vestito che nessuno vuole più. La drammaturgia dell’essere, il dramma nel dramma e la finzione nella realtà. Vedere un teatro gremito di gente, in epoca antichissima, scorgere i film della vita nelle parole di Cinzia Pagliara, che rievoca anche altri autori, forse inconsciamente e senza nemmeno elencarli o nominarli a testo.

Mi viene in mente una Emily Dickinson e un Walt Whitman, con la loro caparbietà, forza d’animo e dolce scaltrezza. L’una che aspetta l’ombra e decanta la natura, proprio come Shakespeare in un sogno estivo che non si allontana poi così tanto dal capitano, oh mio capitano di Whitman. 

Ma tornando alla fruttuosità, al succo, al nocciolo dell’opera, forse in Shall i die? la volontà di William Shakespeare è ancora più risoluta, pratica, sgargiante quasi. C’è un qualcosa di femminile nella prosa teatrale di questo autore, è come se incalzasse in pose femminee, in calzari lunghi, in gonne, in orecchini che prendono quella luce di cui parlava l’autrice dell’opera che sto recensendo con piacere, per illuminare quel buio di cui lei aveva maledettamente paura.

Lo stile è delizioso, perché innalza una vittoria su quelle paure infantili, precoci, che calzano a pennello perché toccano tutti, e che da demoni poi diventano non più mani rossastre e con artigli, ma mani di santa, mani di Cinzia -  Giulietta.

“Da piccola lo scoglio sembrava immenso, un castello incantato, una fortezza e io nel gioco ero sempre una bambina che fuggiva. Mi lasciavo dietro le cabine in legno del lido e restavo lì, seduta nel castello. Guardavo il mare, guardavo gli altri. Già guardavo dentro di me, scoprivo il mio bisogno di parole.”

“Oddio, può la ragione di una ragazza essere fragile come la vita di un vecchio?”

Ho letto la pièce molto velocemente, ma l’ho riletta ben tre volte, anche in inglese, assaporando ogni contatto morale e fisico con quella natura quasi iperbolica dell’estasi che a volte chiamiamo volontà. 

 

VOTO IN COCCOLE:5

ROBERTA CANU

 

*Ringraziamo l’autrice e la casa editrice per la copia digitale*

Nessun commento:

Posta un commento

NUOVA USCITA: I Corvi di Thorne Point di Veronica Eden

                        Titolo:  I Corvi di Thorne Point Autrice:  Veronica Eden Serie:  I Corvi di Thorne Point #1 Editore:  Heartbeat Ediz...