Cari Coccolosi siete
pronti per un nuovo capitolo dell’appassionante storia di Daisy e Riccardo?
Ebbene, lasciatevi
avvolgere da questa struggente atmosfera come fosse la vostra coperta di Linus.
Capitolo 2
“Faremo questo per i
prossimi trenta giorni?”- ruggisce Naomi, quando la macchina di Jo è ormai
lontana.
“Non adesso…” – avverte
prontamente Riccardo. Non la guarda. In realtà, non guarda nessuno dei
presenti. Ha lo sguardo fisso tra le cianfrusaglie natalizie: il suo unico
obiettivo è svuotare malamente i pacchi riposti sulle panche di legno. Con
prese agili e meccaniche afferra i vari addobbi trascinandoli al tavolo più
vicino all’albero.
“Non adesso…” – cinguetta
lei a mo’ di sfottò. “Ed io che pensavo che avremmo dovuto parlarne poco fa,
quando sono stata umiliata ripetutamente!” – ripropone senza mollare la presa.
Socchiudo gli occhi e
scuoto il capo con disapprovazione. “Non otterrai nulla!” vorrei dirle. Una
sfuriata, al limite. Nient’altro. E questo lo so, perché conosco bene Riccardo,
so quanto odi litigare e quanto detesti farlo in presenza di altre persone. E
lo sanno anche tutti gli altri e sento che come me, anche loro disapprovano
quest’ennesima provocazione. Me ne accorgo dagli sguardi tesi e fulminei che
lanciano in direzione di Riccardo, mentre fingono di slegare le luci o di
assemblare gli angioletti dorati.
“Allora?” – domanda Naomi
spazientita. In un attimo sembra calato il gelo, restano tutti pietrificati,
tutti fermi al proprio posto, senza osare voltare il capo, senza nemmeno più
fingere di pensare ad altro.
Tutto immobile. Tutto in
silenzio. Lo scialacquio dell’acqua, lo scrocchio delle patatine sgranocchiate
da Baster, il floscio del vento sono gli unici rumori permessi in quell’aria
tesa tanto quanto le corde di una chitarra.
“Qual è il tuo problema?
Vuoi appendere la stella?” – domanda isterico Riccardo.
Sento le gambe venir
meno, a tratti non mi reggono più: devo sedermi.
Tutti gli occhi sono
puntati su Riccardo e tutti gli sguardi sembrano voler dire- non lo farai sul
serio? –
C’è sgomento in quegli
occhi increduli e sbarrati. Solo Baster è fisso su di me, forse perché solo lui
sa cosa sto provando.
“Calma”- mima con la
bocca, avvicinandosi lentamente, con fare spontaneo, quasi passasse lì per
caso.
Riccardo cammina
velocemente nella mia direzione, Jack fa qualche passo verso di me, spaventato
probabilmente dallo sguardo perso e flebile dell’amico. Si accascia accanto ad
uno scatolone: accanto al mio scatolone ed estrae la decorazione.
“È questo il tuo
problema?” – domanda con tono alto issando la stella. Tiene le mani alte e le
braccia tese non riesco a guardare il suo viso ma Dio solo sa quanto io sia
grata per questo: la paura di vederci amore in quegli occhi mi paralizza.
Naomi abbassa lo sguardo
imbarazzata, cerca qualcosa intorno a lei, qualcuno che possa aiutarla ma
sbaglia: Naomi cerca aiuto nei miei occhi.
Non ti accorgi che sono
trasparente? – vorrei urlarle. Ma la mortificazione di Riccardo mi sembra
abbastanza a tal punto che non riesco ad avercela con lei, nonostante le mie
notti in bianco dipenderanno dalle sue notti rosse.
“Sai come lo risolviamo
il problema?” – Riccardo è fuori di sé, continua a parlare nonostante nessuno
lo stia rispondendo, nonostante siamo tutti impalati a goderci lo spettacolo,
senza avanzare di uno solo passo, senza emettere alcun sospiro.
Si avvia così, verso lo
scantinato, Jack si guarda intorno in cerca di risposte, come se dai nostri
occhi potesse emergere una soluzione, una tregua. Porta gli occhi al cielo,
sospirando per quell’amico che non lascia possibilità di difesa, prende a
camminare per raggiungerlo ma poi si blocca.
Appare Riccardo.
Con un’ascia tra le mani.
Lancia la stella a terra
e la colpisce, ripetutamente.
Ad ogni colpo mi sento un
organo in meno: non sta frantumando la stella, sta distruggendo me!
Un colpo e la coda si
spezza.
Due colpi ed i vetri
colorati delle lucine, si schiantano sul suolo in mille pezzi.
Tre colpi e della stella
resta solo un ricordo.
Lancia l’ascia sul prato,
qualche metro più lontano dalla stella, alza lo sguardo: guarda me, Jack e poi
Naomi.
Iracondo mostra un sorriso
stizzito, quasi preoccupante. Quindi allarga le braccia, ispira lungamente e
come se nulla fosse, come se non avesse appena distrutto una tradizione che ci
lega da anni, sospira:
“Problema risolto…”
Baster con sguardo
perentorio, mi ordina di entrare in casa.
Non capisco il perché,
non immediatamente, almeno.
Bastano pochi secondi e
tutto è più chiaro.
Ho le labbra umide e le
gote solcate da quel che sembra essere una lacrima: è stato tutto così veloce,
tutto così prepotentemente rapido che ho scordato d’esser viva, ho scordato di
fingere, di non esser trasparente.
Entro in casa, mi guardo
intorno: mi manca il fiato, è tutto esattamente in ordine, tutto come l’abbiamo
lasciato.
Chi l’avrebbe mai detto,
un anno fa, che al ritorno nulla sarebbe più stato uguale?
Il divano in feltro
marrone che contorna il camino, sembra guardarmi e dirmi: dov’è il tuo ragazzo?
I cuscini che cucimmo a
mano con le nostre iniziali, reclamano le nostre braccia, e così il lungo
tappeto rosso richiede i nostri corpi.
“Vino… Vino… Vuoi del
vino?” – domanda sconvolta Giulia, in cerca di una bottiglia da aprire, di
alcool da buttare giù.
Acconsento senza
guardarla per davvero, senza ascoltarla veramente.
I miei occhi sono puntati
sulla bacheca di legno, che precede la lunga scala che porta alle stanze.
Quante foto saranno?
Venti? Trenta? – penso tra me e me.
Io e Riccardo ci baciamo
quasi in tutte le foto.
Prenderà un’ascia anche
stavolta?
Le strapperà?
Le brucerà?
Le faranno sparire prima
che possa vederle? No, per favore no! Lasciatele lì, lasciate che ricordi
cos’eravamo.
Quando Giulia mi porge il
bicchiere intercetta il mio sguardo e pare leggermi nel pensiero tant’è che
precisa:
“Non provare a toglierle
da lì, quella bacheca racconta la nostra storia, non solo la sua!”
Annuisco. Rammaricata,
annuisco.
Cinque minuti fa ha
lanciato un’ascia contro la nostra storia ma nessuno ha avuto il coraggio di
difenderla quella Stella.
Cosa vuoi che siano un
paio di foto? – penso.
“Vado a preparami un
bagno caldo… Ne avresti bisogno anche tu, vedrai che andrà meglio…” mi
incoraggia Giulia, accarezzando la mia schiena, prima di stamparmi un bacio e
raggiungere le scale.
Le scale. E mi vengono in
mente le stanze.
Facemmo una gara per la
spartizione delle camere.
La coppia che prima
avesse raggiunto il patio, con i piedi legati da una corda, avrebbe avuto la
stanza con vista sul lago.
La vincemmo io e Riccardo
quella sfida.
Domattina spalancherà le
finestre, afferrerà la sua adorabile e maledetta chitarra e si accomoderà sulla
poltrona di pelle, prenderà a guardare il lago e suonerà, aspettando che la
donna nel suo letto si svegli: quella donna, non sarò io.
Chissà se suonerà le
stesse canzoni, quelle che cantava a me.
Come quando eravamo a
casa sua e come ogni mattina, preparava il caffè, poggiava una tazza per me sul
comodino, spalancava le imposte e affondava nella sedia a dondolo rintagliata
da perline colorate per poi afferrare la sua maledetta chitarra: era tutto
quasi meccanico ma mai scontato.
Dalla sua stanza si
intravedeva un lunga distesa di prato che faceva da cornice ad un campo di
ciliegie e fiori di pesco e tutto quel verde metteva sempre pace interiore.
Mi svegliai come sempre,
sul ritmo delle sue note: era sereno, disteso, allegro.
Quella mattina scelse di
suonarmi Dead Sea dei The Lumineers: non immaginavo che sarebbe stata
l’ultima...
“Vieni con me…” – la voce
di Jack risuona dal giardino.
Mi guardo intorno, in
cerca di un posto dove andare, non voglio ritrovarmi nella stessa stanza con
Riccardo ed il fedele amico.
“Dobbiamo addobbare
l’albero!”- propone rude Riccardo.
La mia unica via d’uscita
è lo sgabuzzino riposto sotto la lunga scala, c’è una piccola porticina ed una
sola persona per quanto stretta, ci sta bene.
“Vieni qui, beviamo
qualcosa, l’albero non scapperà!” – sento la voce di Jack sempre più nitida,
segno che è in casa.
“Che c’è, amico? Adesso
mi dirai che Babbo Natale non mi porterà i doni perché son stato cattivo?” –
risponde sarcastico Riccardo.
“No. Voglio chiederti
quando uscirai dal corpo del mio amico. Perché quel tizio con l’ascia, che ho
visto qualche secondo fa, non è di certo Ricky. “ – attacca Jack.
“Il tuo amico, potrebbe
non tornare più… A te la scelta!” – ribatte.
“Ti trovi in questa
situazione per scelte che hai fatto tu.
Tu hai lasciato Daisy. Tu
non hai voluto più cercarla. Ti sei fidanzato e hai deciso di portare qui una
ragazza che conosci da quanto? Due mesi?” – lo aggredisce spazientito Jack,
sempre attento a tenere un tono basso, forse per evitare che le voci arrivino
al piano di sopra.
“Se pensi che la sfuriata
che ho appena avuto, era dovuta alle domande di Naomi: allora, quello che mi
conosce poco, sei tu!” –
Sento un brivido lungo la
schiena salire fin sopra al collo e poi una morsa allo stomaco fin sopra alla
bocca e rifletto sul limite di battiti che un cuore può sopportare in un solo
secondo e penso di averli superati tutti.
“Jo è di ritorno!” –
avverte Riccardo con la bocca impastata dall’ennesimo Amaro che avrà mandato
giù.
“Daisy… Daisy…” – è la
voce di Baster via, via sempre più vicina.
“Sono qui…” lo avverto,
uscendo con difficoltà dallo sgabuzzino.
“Se trovassi una sola
persona in questa casa, sana di mente, mi meraviglierei…” commenta la mia
scelta, circa la location.
“La sfuriata lì fuori…”
prendo fiato prima di dirlo poi tiro fuori tutto a raffica “ce l’ha con me
Baster. Mi odia!”
Mi butto tra le sue
braccia, sperando che quel corpo esile riesca a darmi la forza che non ho.
“Naomi mi ha detto che
hanno discusso a lungo, stanotte.
Lui non la voleva qui…” –
commenta con aria vittoriosa.
“Baster, hai ascoltato
cosa t’ho detto? Mi odia!” – protesto.
“Pensa di odiarti… è ben
diverso!” – precisa con l’aria da poeta maledetto.
“Cos’è successo alla
stella?” – Non riesco a vedere Jo, dall’interno della casa ma percepisco la sua
disperazione dal tono di voce.
E quel silenzio gelido di
poco fa, riaffiora come fiori a primavera.
Almeno fino a quando Jack
non decide di intervenire, raggiungendo il patio.
“Stavamo provando le luci
e quando abbiamo inserito la spina, è andato tutto a fuoco. Per evitare che si
dipanasse, l’abbiamo tagliuzzata!” –
“E cosa utilizzeremo come
punta?” – chiede il capo, quasi in preda al panico.
“Troveremo
qualcos’altro!” – lo rassicura Sergio, affiancandosi e dandogli qualche pacca
sulla spalla.
“Avevo promesso a Tom che
avremmo vinto anche questa volta!” – conclude mortificato.
A conclusione della gara,
il Corriere locale manda a La Quercia un giornalista per scrivere un articolo
sui vincitori del concorso: a Tom non piacerà che quest’anno il nome del Resort
non compaia in prima pagina.
“Lo vinceremo. Lo
vinceremo anche quest’anno!” – lo rassicura Riccardo. Forse il senso di colpa è
così forte che cerca un modo per migliorare la sua situazione ma in realtà la
peggiora: perché questo alimenta le aspettative di Jo, che motivato ed
entusiasta esclama:
“Io credo in voi ragazzi…
e controllerò che nei giorni liberi lavoriate all’albero!” ammonisce.
“L’applauso a Riccardo lo
facciamo adesso o più tardi?” – borbotta Sergio, contrariato. Poi continua:
“E visto che senza stella
non c’è albero e senza albero non c’è foto, io vi saluto e vado a farmi un
bagno!”
“In ogni camera troverete
la busta con le vostre divise!” – precisa Jo “Ed ho fatto lavare anche i
vestiti che avete lasciato qui… non affannatevi a ringraziarmi!” – ammonisce.
“Grazie, Jo!” –
rispondiamo tutti in coro, quasi come ad un gruppo di alcolisti anonimi.
“Jo, mi stai dicendo che
troverò anche il pigiama sotto al cuscino?”- Domanda sarcastico Jack.
“Si, se vuoi ti aiuto a
lavarti dopo!” – ruggisce il nostro babysitter, fingendosi irritato, poi
precisa: ”C’è una busta per camera, dovrai scartare tra le cose tue e della tua
ragazza…”
Di bene in meglio, penso
tra me e me.
Riccardo deve aver capito
che la stessa sorte tocca anche a noi, perché di scatto si gira verso me, per
poi riposare gli occhi su Jo. L’idea di me e di lui che ci dividiamo gli abiti
non deve aggradarlo, infatti prende a stringere lentamente le mani in un pugno,
quasi a voler darsi forza..
Tra i tanti anelli ho
appena notato che porta ancora quello che gli regalai a Natale dell’anno
scorso, proprio qui, in questa casa. A guardarci adesso sembra di non esserci
mai nemmeno presentati.
“Almeno una birra (che io
ho comprato e che gentilmente ho messo in fresco) potreste offrirmela!”-
protesta Jo.
“Ma dai, si! Te la
verserò addirittura!” – commenta ironico Riccardo.
“No, disgraziato. Tu va’
a prendere la chitarra al resto ci penso io!” – precisa il capo.
“Daisy, vieni qui…” – Jo
richiama la mia attenzione, mentre si avvia al divano. Provo ad inventarmi una
scusa ma non me ne viene in mente una valida. Né un piano che non presupponga
che io debba parlare, espormi. Così, da persona trasparente, faccio quello che
mi viene chiesto senza protestare: mi accomodo sul divano accanto a lui.
Jack prepara cinque
boccali di birra e cinque shots: perché se c’è una regola che non puoi
infrangere in presenza del vecchio Jo, è che la birra si beve lanciando uno
shots di rum nella boccale. “Altrimenti è acqua!” – direbbe lui.
Quando afferriamo tutti i
boccali, ci rendiamo conto che Naomi è l’unica a non avere un bicchiere.
“Scusami, avrò contato
male!” – risponde mortificato ed imbarazzato Jack. Poso immediatamente il
bicchiere sul tavolo, così da permetterle di bere ma Naomi prontamente afferma:
“No. Non avrei bevuto lo
stesso, grazie!” – sorride, raggiungendo Riccardo sul divano e sedendosi sul
bracciolo, così da stargli dietro.
Lascia cadere la sua mano
sulle spalle di Riccardo, forse per dimostrare a Jo che prima faceva sul serio,
che è lei la sua ragazza, l’unica.
“Al mio tre…” – Esordisce
Jack, afferrando il boccale.
“Chi beve in due sorsi è
un coniglio!” – Precisa Baster.
E così, mandiamo giù,
tutto d’un sorso quell’arma letale.
“Allora, che ci canti?” –
domanda Jo. Probabilmente è stranito nel vedere il contatto fisico tra lui e
Naomi, lo averto perché prende a guardare me con aria interrogativa.
Ma Riccardo non riesce
proprio a dirlo.
Né lascia che siano i
gesti a parlare per lui, dato che si alza da quella postazione e raggiunge il
centro, sedendosi innanzi al focolare.
“Prendo la postazione di
sempre…” – afferma.
Naomi sembra rilassata:
il suo uomo non la sta evitando, semplicemente, sta prendendo “la postazione di
sempre”.
Quello che Naomi non sa,
è che quell’uomo mente…
Riccardo non ha mai avuto
“la postazione di sempre”, Riccardo suona ovunque, a terra, sul divano, in
bagno, a letto, sul tappeto, anche con me tra le sue braccia. Ma nessuno lo
smentisce, né Jo sembra farci caso.
“Dai, Jo! Stanotte lascio
scegliere a te!” – commenta affettuoso. Se lo conosco bene, è il suo modo per
scusarsi per la Stella fatta a pezzi.
“Daisy, scegli tu. Cosa
vuoi che suoni?” – ed una doccia gelata mi bagna il capo.
Jo ma non vedi che sono
trasparente? È davvero così difficile capire che sono morta, morta dentro. Che
il mio cuore batte ancora per poco, fino a quando non si arrenderà al pensiero
di non voler ricominciare a vivere, non senza di lui.
Riccardo prende a
guardarsi le scarpe, in attesa della mia risposta. Se la memoria non mi
inganna, questa sarà la prima frase che sentirà dalla mia bocca, dopo un “Ti
amo” detto quattro mesi fa, prima di lasciare casa sua. Con il capo reclinato
verso di me, lo chignon sembra quasi più folto, ma la lunghezza dei capelli è
la stessa di quattro mesi fa. Baster si distende sul divano allungando i piedi
sul tavolino al centro della sala e per quanto lui non voglia ammetterlo, so
che sta godendo da matti. Baster ama il caos. E ditemi cosa c’è di più
pericoloso, di una donna mollata, ubriaca ed innamorata che sta guardando il
suo uomo tra le braccia di un’altra.
“Daisy…” – mi richiama
Jo.
“Dead Sea dei The
Lumineers” – dico con l’ultimo filo di voce che mi è rimasto.
Riccardo alza di scatto
la testa, mi fissa in un modo che per la prima volta, da quando l’ho rivisto,
riconosco.
Questi sono i suoi occhi,
questo è il mio uomo, quello di sempre, il mio Riccardo.
Allora, è così? hai
ripercorso anche tu mille volte gli attimi di quella giornata? Hai memorizzato
anche tu ogni singola mossa, ogni morbido bacio, ogni tenera carezza? Sai anche
tu che quella è l’ultima canzone che m’hai cantato? E sapevi già che sarebbe
stata l’ultima? E dimmi, perché la tua voce è roca ? E dimmi, perché hai gli
occhi lucidi mentre canti?
E adesso, dimmi Riccardo,
questa sarà l’ultima volta che canterai per me?
I don’t gamble, but if I
did I would bet on us.
Like the Dead Sea
You told me I was like
the Dead Sea
You’ll never sink when
you are with me
Io non gioco d’azzardo ma
se lo facessi scommetterei su di noi.
Come il Mar Morto
Mi hai detto che ero come
il Mar Morto,
Tu non affogherai mai
quando sarai con me.
Nina Solamente
(Proprietà letteraria riservata ©Copyright Nina Solamente)
Seguite l'autrice e piacizzate le pagine su:
(Proprietà letteraria riservata ©Copyright Nina Solamente)
Seguite l'autrice e piacizzate le pagine su:
Nessun commento:
Posta un commento